Stoker

Stoker inizia con una fine. Una donna che, sicura di sé, si racconta come un enigma a cui gli altri e le loro aspettative hanno, nel corso degli anni, dato forma. Diventare adulti significa essere liberi. Due passi e un foto-frame sulla gonna che sventola, plasmata dal vento. Su fiori rossi e bianchi, immortalati in un micro mosso che mi fa pensare a quanto un attimo è transitorio. Sui capelli, che ondeggiano sotto il soffio dell’aria diventando un pattern.

E poi un’altra fine dà il via alla vicenda: la morte di Richard Stoker, tutta fuoricampo, viene introdotta da una serie di immagini che, assieme ai titoli di testa, mostrano un mondo che, per grandi quadri, appare un po’ pop e un po’ favolistico. Gli scenari in cui la giovane India, appena diciottenne, si muove sono bucolici, fiabeschi, richiamano l’innocenza e la spensieratezza tipiche di chi si aggira per il mondo esplorandolo, con la semplicità e l’immediatezza di chi sta molto più con sé stesso che con gli altri. Le gigantesche sfere di pietra, l’albero nodoso ricordano scenari alla Terry Gilliam e la specularità proposta tra India e la statua di una bambina è un ulteriore ode all’età dell’innocenza.1stoker

India Stoker (Mia Wasikowska), da subito, appare molto più bambina di quanto non sia: mentre è impegnata in una caccia al tesoro per il suo regalo di compleanno corre, saltella, si lancia da un albero e, nel frattempo, le candeline di una grossa torta di compleanno bruciano sul tavolo del soggiorno. Una bellissima cappa di vetro copre la torta, mentre il trillo del telefono si interrompe per lasciare spazio a un lacerante urlo: Richard.

La morte del padre lascia India in uno stato terribile: la ragazza si chiude in sé stessa, in una sorta di mutismo elettivo che si acuisce quando è la madre a rivolgerle la parola, soprattutto durante il ricevimento per il funerale, dove vorrebbe che la figlia sfoggiasse buone maniere e abilità conversazionali, provocando un fastidio ancora maggiore in India, che, avendo perso l’unica persona al mondo che era in grado di sopportare, preferisce rifugiarsi nella propria stanza, attorniata dai regali del padre. Questo momento è rappresentato come un tentativo di tornare nel grembo materno, dove questa funzione non pertiene necessariamente a una madre che è più che altro una bambola, ma a una figura affettuosa e rassicurante che riusciva a contenere le angosce e le fobie della ragazza.

2stokerB

Dopo pochi minuti la condizione in cui India si ritrova è fortemente disturbante: la perdita del padre è aggravata dall’avere come unico supporto emotivo una madre instabile, più preoccupata del suo aspetto e dell’opinione altrui che del suo lutto e di quello della figlia e l’apparizione di un misterioso zio aumenta il grado di entropia in quella che, dall’esterno, appare una ragazza isolata e tranquilla. Le brevi soggettive dal punto di vista di India inquietano, ci fanno provare lo stesso senso di disagio e di solitudine. Una solitudine che è tanto più schiacciante quante più persone si hanno attorno.

India si muove per la casa come uno spettro, la sua figura si giustappone a superfici che diventano pattern, si muove silenziosa nel giardino mentre noi la seguiamo dall’interno della casa, vedendo la ragazza apparire di finestra in finestra, aggirarsi per le stanze cercando di sfuggire agli sguardi e ai tocchi di condoglianze. Tocchi all’idea dei quali rabbrividisce, spaventata se non inorridita all’idea del contatto umano.

L’elemento di disturbo ulteriore è costituito dallo zio Charlie (Matthew Goode), fratello di Richard, mai visto e conosciuto perché impegnato a lavorare come fotografo in giro per il mondo. Lo zio Chiarlie è, da subito, presentato come una figura attraente e misteriosa, resa ancora più potente considerando il fatto che appare su una collina durante il funerale e sembra parlare a India e a lei soltanto attraverso il vento, come un monito o un destino. In pochi minuti, però, Charlie ci fa rabbrividire, diviene una figura inquietante, un predatore, come il regista ci dice, attraverso il commentario del documentario sulle aquile. E il predatore annienta subito una lontana zia che aveva manifestato la necessità di parlare in privato con India e sua madre, Evelyn (Nicole Kidman).

3stoker

L’omicidio della donna è, per la maggior parte, occultato, sovrapposto a dei fotogrammi che ci fanno capire che anche la governante di famiglia, scomparsa, sia rimasta vittima di Charlie. L’uomo sfila con lentezza snervante la cintura dai dodici passanti degli impeccabili pantaloni mentre sovrasta la donna: come un serpente, la cintura corre il proprio percorso strisciando sinuosamente in un inquietante e opprimente crescendo che si conclude con lo strangolamento. Fino a questo punto abbiamo visto poco, scrutando assieme a India, ma anche India stessa, tra le fronde degli alberi, da dietro le porte, attraverso le finestre. Da questo momento in poi, invece, Park Chan-wook ci fa addentrare nel mistero e, anzi, spalanca le porte sul mondo degli Stoker.

India, il cui unico amico era il padre, mantiene le distanze dallo zio. E da chiunque altro. A scuola è infastidita dai compagni durante l’ora di disegno: anziché copiare un vaso con i fiori, un ragazzo la disegna nuda. Anziché copiare il vaso di fiori, India ne disegna l’interno. Perché lei sente cose che altri non sentono, ha una percezione così acuta del mondo da esserne quasi ferita e, quando uno dei compagni continua a infastidirla, lei reagisce. Ma non è tanto la reazione a spaventarci, quanto il fatto che si fosse preparata a colpire.

4stoker

La matita, ossessivamente temperata alla perfezione e messa in fila con le altre, da strumento d’arte diviene un’arma che la ragazza affila con determinazione e quasi venerazione per lo stridente suono che, amplificato, come quello del guscio d’uovo rotto sul tavolo durante i primi minuti del film, appare innaturale, gigantesco, cruento.

Ogni inquadratura è un’opera d’arte dotata di una potenza visiva straordinaria: esteticamente Stoker è un film decadente, voluttuoso, ricco e, soprattutto, atemporale. Se non fosse per il cellulare della zia Gin potremmo trovarci negli anni Sessanta, richiamati dall’abbigliamento di India, o negli anni Cinquanta, come alcuni elementi d’arredo ci fanno pensare, o negli anni Settanta, come le acconciature della protagonista. Ognuno di queste tessere va a comporre in inquietante mosaico, in cui lo zio Charlie fa di tutto per far capire a India la natura del suo interesse nei suoi confronti: mandandola a portare il gelato nel freezer vuole portare la sua attenzione sul cadavere della governante e scoprire la sua reazione.India-Stoker

India sussulta appena alla vista del corpo morto della donna che l’ha cresciuta, mostrando una marcata insensibilità che si contrappone a quella troppo acuta dimostrata nei confronti del contatto umano. Anche vedendo la madre priva di sensi riversa su una poltrona la ragazza non ha alcuna reazione, ma resta a guardarla come se fosse un oggetto appoggiato e privo d’importanza. Come lei stessa era stata per la madre, una donna divorata dal risentimento e dal rimpianto per non aver vissuto la vita che desiderava, rubatale dalla figlia per cui il padre aveva mostrato un affetto e un’abnegazione smisurati. Evelyn non aspetta molto prima di avvicinarsi a Charlie e ai aggira per la casa vestita come un manichino, perfettamente spazzolata e truccata. Anche lei è un personaggio spaventoso, reso ancora più grottesco quando è inquadrata, dall’alto, nel salire le scale con due calici e una bottiglia di vino per andare in camera di Charlie, sorridente e affamata come una gigantessa che si avvicina alla preda.

StokerN

A poco a poco India lascia che lo zio le si avvicini e il legame che tra i due si crea va a sovrapporsi a quello paterno per poi virare quasi immediatamente su un tipo di complicità che si avvicina a quella di una coppia. Park Chan-wook ci fa vedere ciò che accade, ma ci mostra anche qualcosa d’altro, ci fa vedere oltre: vediamo quello che India sente con le sue sensibili orecchie e con le sue percezioni così forti da risultare acuminate. una lampada che oscilla illumina ciò che accade al piano superiore, il coperchio del pianoforte che si chiude produce lo stesso rumore del frigorifero in cui giace il cadavere dell’anziana governante. Elementi presenti e passati e registri sensoriali differenti si sovrappongono in quella che è una vera e propria esperienza da incubo e lo spettatore ci è immerso con la mente e con il corpo.

5stoker

L’attrazione che si sviluppa tra i due è resa ancora più inquietante, oltre che dal legame di parentela, dal fatto che si espliciti e si amplifichi dopo ogni episodio di violenza. India, infatti, lascia che lo zio l’accompagni al piano – in un meraviglioso pezzo a quattro mani di Philip Glass che mi ha fatto desiderare di avere quattro braccia per suonarmelo da sola – solo dopo aver colpito con la matita il compagno – terribilmente cafone – che l’aveva infastidita a scuola.

Questo rapporto procede velocemente e assistiamo a un’escalation che sprofonda in un abisso morboso quando il ragazzo con cui India si era appartata nei boschi, infuriata per aver visto lo zio e la madre baciarsi, tenta di violentarla. Mentre questi si sfila la cintura per avventarsi sulla ragazza, alle sue spalle Charlie sfila la sua per legarlo e lasciare che India possa vendicarsi. Lei lo colpisce, ma lui prende nuovamente il sopravvento e Charlie gli stringe la cintura attorno alla gola fino a spezzargli – sonoramente – l’osso del collo. Nell’uccidere il ragazzo Charlie è ripreso dall’alto con precisione documentaristica resa ancora più agghiacciante dal rumore delle ossa che si rompono. L’uomo, con sicurezza, trasporta il cadavere fino al giardino della casa degli Stoker e lo seppellisce, aiutato da India che, nel frattempo, scopre che, sepolto sotto a dei gigli, giace il corpo della zia Gin.

Goode-and-Wasikowski

Per alcuni minuti il montaggio in parallelo ci mostra India che si prepara a fare una doccia in una bagno candidamente bianco, ma reso poco rassicurante dalle nerissime fughe che congiungono le piastrelle tra loro. I vestiti sporchi della ragazza cadono su un asciugamano bianco lancinante e, prima di entrare nella vasca da bagno, India arriccia i piedi che, per l’ultima volta, appaiono ancora come quelli di una bambina. L’estasi erotica della ragazza, già accennata durante il pezzo a quattro mani suonato al piano, esplode lasciandoci annichiliti: il pianto disperato dovuto allo shock dell’omicidio commesso dallo zio sotto i suoi occhi diventa il piacere della liberazione che India è riuscita a provare solo provocando dolore e morte.

stokerA

In tutto il film l’elemento scioccante non è tanto la scoperta della pazzia di Charlie e del fratricidio da lui commesso in età infantile a costituire la parte più scioccante, né l’infinità di lettere da lui spedite nel corso degli anni a India, prima trattata come una nipotina, poi come un’amica, ancora come un’amante. Quello che sconcerta, è la facilità con cui la morte e la mancanza di empatia entrino a far parte del sistema di valori di India fino a rappresentare tutto il suo mondo. Un mondo spoglio e privo di altri riferimenti, in cui l’unica figura rimasta è una madre che si fa preparare il caffè, si lascia spazzolare i capelli e le impone di dire «no grazie», mentre si preoccupa di non appassire il resto dei giorni in una casa in cui il suo perfetto francese non vedrà mai la luce del sole.

Spettr

E mentre la madre regredisce nel farsi accudire dalla figlia e tentando di farsi conquistare dal cognato, India vive una trasformazione, una transizione da ragazzina solitaria, inquietante – quando parla di quanti sé diversi ci siano mentre rotea su una giostra per bambini è spaventosa – , spettrale a donna sicura di sé e pericolosa.

Il suo personaggio acquisisce una sicurezza sempre maggiore man mano che lo zio la fa sentire degna di amore, per quanto malato e perverso quell’amore sia. Il suo bisogno di essere amata, combinato con il suo disturbo, la fanno restare impassibile di fronte a ogni umana disgrazia. La ragazza non reagisce nemmeno quando lo zio Charlie le racconta di aver ucciso il padre il giorno del suo diciottesimo compleanno, ma, anzi, accogliendo la confessione dello zio si trasforma in una creatura spaventosa e sfuggente, inafferrabile e incomprensibile. Diventa la donna che abbiamo intravisto all’inizio del film, metamorfosi accentuata dallo sguardo della ragazza e, soprattutto, dai suoi occhi che, d’un tratto, diventano identici a quelli di Charlie: occhi di una bellezza e una vitalità quasi liquida, artefici di uno sguardo così strisciante e ipnotico da non sembrare nemmeno umano.

Goode

Il personaggio di India è quello di una ragazza che è sempre stata disturbata, fin dalla sua infanzia, motivo per cui il padre l’aveva spinta a cacciare uccelli, per tenere a bada le turbe sociali che la bambina avrebbe potuto sviluppare. Quello che accade nel film, però, è come il disagio possa dirottarsi verso una condizione in cui dalla persona che era abituata a viverlo questo diventi una risorsa, un pregio, un’opportunità di controllo, non solo su sé stessi, ma sugli altri. India diventa come suo zio, che, prima, dominava le attenzioni e i movimenti di chi gli stava attorno, India compresa.

stokerO

Il finale, sotto questo punto di vista, è folgorante: anche lo zio Charlie altro non era che un mezzo per liberare India, un fattore precipitante che ha slatentizzato qualcosa che era sepolto sotto le innocenti spoglie della ragazza da anni. Anche lo zio Charlie che, psicopatico com’era, riusciva ad amare qualcuno, è sacrificabile per far sì che India prenda la forma che desidera. E, in una vicenda in cui ogni personaggio è terribile e spaventoso, questo è un colpo di grazia, come i fiori che oscillano al vento e che, solo alla fine, scopriamo non essere fiori di campo rossi, ma mughetti bianchi macchiati di sangue.

Mia_Wasikowska_Stoker