Horror: a love story. vol. 3 Halloween Special!

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Mi sono accorta, non con poco turbamento, che oggi è Halloween e io non ho postato nulla a tema horror. Perché? Domanda a cui non so dare risposta, dato che sono una grande amante dell’horror, ma, ancora di più, lo sono delle date in cui si può organizzare una maratona horror (venerdì13, venerdì 17, che è il 13 de noartri, Halloween). Stanotte avrò la fortuna di assistere alla proiezione in sala di un classico del cinema horror in versione restaurata, Non aprite quella porta, di Tobe Hooper. Sono già spaventata all’estasi. Non ho intenzione di fare un post su un film horror in particolare, perché se proprio volessi scrivere di un solo regista, un solo film, sceglierei qualcosa del mio amato Dario Argento, ma ho appena scritto una sorta di ode alla di lui persona che potete trovare qui e non vorrei sfociare nell’ossessione vera e propria. Qui mi portano via verso qualche lido psichiatrico, altrimenti.

Quindi, ho pensato che fosse giunto il momento per proseguire nella mia folle elucubrazione sulla mia love story con l’horror, soffermandomi sulle scene che mi hanno maggiormente fatto inchiostrare addosso. Che si era fermata ad AMHS. E, forse, merita di essere ripresa da qualcosa di più sofisticato e di cuore (ricordo che la numerazione serve solo a me, nel caso in cui venissi colta da smemoratezza senile benigna, dato che mi sto pericolosamente avvicinando ai 30 {-361 giorni}):

11. Psycho (1960) di Alfred Hitchcock. L’ho visto per la prima volta in seconda elementare; un’amica di mia nonna che andavo spesso a trovare aveva la collezione completa dei film di Alfred Hitchcock e io, che avevo già sviluppato una predilezione quantomeno bizzarra per il giallo, i misteri, le cose alla Agatha Christie, mi sono lasciata tentare da questa donna che, forse in modo un po’ incoscente, mi ha fatto vedere questo film. Cioè, me l’ha proprio prestato e me lo sono guardata a casa con mia nonna che doveva babysitterarmi e invece si è addormentata (con questa tattica ho visto anche Poltergeist, una buona dose di puntate di Ai confini della realtà, la seconda parte di IT e Frankenstein – eh, lo so che non è il massimo, ma non avevo nemmeno dieci anni – ). Comunque, Psycho. Che sia il fatto che la protagonista ha da subito una moralità discutibile – sottrae un sacco di soldi al suo capo, che non è il classico nazista stronzo a cui si potrbbe voler rubare dei soldi, ma un ciccio bonario che si fida ciecamente di lei -, che sia il dettaglio sofisticatissimo di far morire – crepare brutalmente – quella che dovrebbe essere la protagonista dopo mezz’ora, che sia il fatto che sono le mani di AH quelle che accoltellano Marion Crane a dare quella luccicanza speciale a questo film non importa: Psycho è un capolavoro. Un capolavoro in cui, purtroppo, solo il regista stesso credeva finché non è uscito nelle sale rivoluzionando completamente il cinema di genere di quel tempo. Ed è stato il mio primo (primo di una lunga serie) film su un serial killer (che poi si ispirava a Ed Gein, quello che faceva le collane con le orecchie e coi capezzoli. Se non è orrore puro questo). La scena più terrificante: l’espressione finale di Anthony Perkins mentre la mosca gli svolazza sulla faccia, uno sguardo che non mi toglierò mai dalla testa. E una menzione speciale va alla colonna sonora, che la canticchio ogni volta che vedo qualcosa di anche solo vagamanete inquietante.

12. il silenzio degli innocenti (1991), che ha avuto grandi colpe nel mio terrore nei confronti delle farfalle. Sì, parentesi: da piccola ero terrorizzata dalle farfalle. Quando tutti ne indicavano una di quelle variopinte e dicevano “ohhh!”, io generalmente mi gettavo al suolo come nei peggio film d’azione e cercavo di avere salva la vita. Ma da cosa? Non lo so, sta di fatto che aver visto la VIDEOCASSETTA (che nostalgia) da mio zio, la cui copertina raffigurava una tipa pallidissima con una falena (che schifo) sulla bocca, mi aveva non poco traumatizzata, soprattutto mentre sentivo parlare di questo film come di qualcosa di spaventoso in cui qualcuno mangiava le persone (forse il mio cervello ancora non ben sviluppato ha fatto l’associazione mangiare persone-falena e ciao, ogni volta che una farfalla batteva le ali non causava nessuna tempesta chissadove ma faceva venire un microinfarto alla sottoscritta). Su questo film è stato detto TUTTO e a me non resta che dire la mia: Demme ti mette nella posizione peggiore immaginabile, quella del killer. Mi riferisco alla sequenza in cui la povera Jodie Foster (ma come fa a essere amica di Mel Gibson?!) cade nelle inquietanti mani di Buffalo Bill (Ted Levine, ragazzi, un genio) e vaga alla cieca nel buio più totale, mentre lui (e noi con lui) la vede sbandare a destra e sinistra con il suo visore notturno e l’ha totalmente in pugno. Agghiacciante.

13. Henry pioggia di sangue (1986). Altro film sui serial killer che mi ha condizionata non poco, soprattutto perché ci descrive la figura di Henry Lee Lucas in modo diverso rispetto a quello morboso dei documentari o docufiction (quelli che fanno adesso) e diverso rispetto ai film biografici più romanzati riguardanti altri criminali. Henry è un film assolutamente autoriale, dove giungiamo a una conclusione dolorosa e abbacinante con fatica e sofferenza: il finale è inatteso e arriva come una botta in faccia. La scena in cui lui apre il bagliaio e getta il corpo esanime di Becky è da voltastomaco emotivo. Non è che durante il film speriamo che lui in qualche modo si redima, cambi, guarisca, eccetera, no. Speriamo, però, che l’autenticità del suo essere umano, per quanto malato, salvi quell’ultima speranza di felicità della povera Becky. E invece no. Qui McNaughton ci comunica, in pochi secondi, tutta la brutale verità della storia che ci ha appena raccontato. Non è un horror e basta. È il profilo, il ritratto– come da titolo originale – disturbante e scioccante di un serial killer.

14. Black Christmas (1974). E l’ho visto meno di una settimana fa. Incredibile come questo slasher abbia influenzato la cinematografia horror, soprattutto film come Scream, che resta sempre uno degli horror più deliziosi che io ricordi di aver visto. Ma sono certa che anche il mio Dario Argento abbia visto Black Christmas e l’abbia trovato così spaventoso e disturbante da ispirarcisi, in parte (anche se devo sottolinare che, nel 1974, Dario aveva già prodotto qualcosa come tre dei gialli migliori che esistano sulla faccia della terra, quindi FORSE BOB CLARK È LUI CHE SI È ISPIRATO AL NOSTRO CARO DARIO). Questo è un film cattivo, spietato, senza speranze e, la cosa peggiore, è che ce ne rendiamo conto a poco a poco, nel corso di tutte le telefonate oscene del maniaco senza volto che perseguita le ragazze della confraternita. Telefonate che, dall’osceno, degenerano nel delirante. Più voci – una più malata dell’altra – si alternano in quello che è un incubo telefonico senza happy ending, nel modo più assoluto. Anche perché, nel frattempo, questo pazzo continua a fare una mattanza che passa totalmente inosservata. La scena peggiore? SPOILER! Il killer, ancora in soffitta, è libero e pronto a uccidere ancora e, soprattutto, resta senza volto e senza nome. Un finale più cattivo di così non si poteva pensarlo. E si vocifera che questo film abbia pure ispirato Ted Bundy, voi ci credete?

15.Zodiac (2007). Il vantaggio maggiore dell’avere un blog è che puoi portare avanti le tue idee con una veemenza da record e, quindi, a tutti quelli che mi hanno detto “che palle Zodiac, è lento da morire” beccatevi questa! Zodiac è uno dei migliori film mai girati basati su una storia vera, è autoriale, è intelligente e si ispira non poco a Dirty Harry – e Scorpio non vi ricorda nessuno? – e Magnum Force, i film dell’ispettore Callahan (che cita pure direttamente). È la stessa San Francisco. C’è il carrello della posta che entra in redazione colpendo con forza le porte, dandoci una botta con un movimento di macchina tipicamente fincheriano/esco che assomiglia tantissimo ai movimenti di macchina degli incipit di Scorsese e veniamo catapultati in una realtà convulsa, agitata, con una regia schizofrenica che conferisce una vitalità alla storia che non so come si faccia a dire che sto film è lento. È lento il giusto, narrativamente. Ma ogni movimento di macchina è un piacere a vedersi. Fa paura un po’ tutto ed è girato con una cura tale che si entra proprio nelle pieghe dell’inquietudine, ma la scena più terrificante, che è quella che mi fa più paura in assoluto, è quella in cui Il protagonista (Jake Gyllenhaal) scende nel seminterrato della casa di questo microscopico omino che poteva dargli informazioni utili e c’è uno scambio di battute e di sguardi per cui si crea questa tensione insostenibile per cui Jake G scappa via e si getta sotto la pioggia e noi ci ritroviamo misteriosamente avviluppati al lampadario, spaventati da un nanerottolo disarmato, ma armato di un’espressione molto disturbante. Qui Fincher fa qualcosa di magico, ci terrorizza con il nulla. (Plauso alla sequenza in cui si nota che gli anni passano e nessuno becca Zodiac, segnata dal crescere del palazzo la cui costruzione procede con ritmo frenetico).

16.Audition (1999). Takashi Miike mi piace. Mi piace tanto, lo trovo brillante, truculento, bizzarro e pieno di talento. Di suo non ho ancora visto molto, dato che fa qualcosa come tre film all’anno (e non sempre ci azzecca), ma quello che ho visto mi ha colpita parecchio. Saranno i fiori tenuti in vita dai cervelli in MPD Psycho, il massacro stile Wild Bunch in 13 Assassini, la poesia di Imprint e Box o l’estetica quantomeno perforante di Ichi the Killer, ma questo regista ha qualcosa che molti non hanno. Sa fare tutto. (sto per cimentarmi con un suo drammone, poi vi dirò). Audition è: drammone, commedia, thriller, horror, torture porn. E, tutto questo, fa parte di quello che, senza fatica, definisco un film d’autore con tutti i crismi. Fa una paura pazzesca, soprattutto quando (SPOILERSPOILERSPOILER) a) dal misterioso sacco di yuta tutto zozzo esce un tipo mutilato e deforme che si rotola in giro; b) la tipa che il protagonista, tramite finta audizione, sceglie come innamorata – complimenti – gli taglia i piedi con una sorta di garrota e si diverte un casino a lanciarli contro la finestra. Scusate, vado a bermi un biccher d’acqua perché solo a ripensarci mi sento male. Ebbravo Takashi. O Miike.

17. Identità (2003), è un thriller horroroso diretto da uno che l’unica altra cosa buona che ha fatto è Ragazze interrotte, che non ha niente a che vedere con l’horror (se non che loro stanno in reparto e hanno dei capelli spettinati da far paura, soprattutto la povera Jolie). Non è un gran film, lo ammetto. Da ragazzina mi piaceva da morire però, perché: a) dieci (piccoli indiani) sconosciuti sono bloccati in un motel causa pioggia torrenziale e non potrebbero essere più diversi e iniziano a morire in modi molto creativi; b) la più insopportabile crepa quasi immediatamente e trovano la sua testa che rimbalza nella lavatrice; c) c’è John Hawkes, che secondo me assomiglia a Steve Buscemi in sto film quindi mi fa simpatia; d) SPOILERRRRRRRRRRRRRRRRR sono tutti personalità di un serial killer completamente fuori di testa che ha l’udienza per essere trasferito in psichiatria mentre lo psichiatra tenta di eliminare la personalità malvagia lasciando solo quelle/a buona; e) SUPERSPOILER e scena terrificante: in realtà la personalità bambino che credevamo innocentemente morto non è morto e trova la personalità ex-prostituta e le dice “whores don’t get a second chance” e la ammazza con un rastrello mentre lei coltiva arance e in parallelo il serial killer strangola il tipo che guida la camionetta dell’ospedale e il film finisce così. Aiuto.

18-19.E per la serie Daddy dearest: E poi non dire che papà non fa mai niente di carino per te!: Occhi senza volto (1959) e La pelle che abito (2011) sono due film strettamente interconnessi. Il primo, di Georges Franjiu ha ispirato quello di Almodovar (forse il suo ultimo film decente?). Occhi senza volto è la storia di un padre che, per restituire alla figlia la bellezza perduta in un incidente, uccide delle giovani donne e, scusate la franchezza, strappa loro la faccia e tenta di impiantarla chirurgicamente alla figlia, che rigetta gli impianti di volta in volta e, poverina, non ha la più pallida idea di cosa il padre stia facendo. La scena che più mi ha fatto paura è proprio il momento in cui lei scopre tutta la verità: oltre all’orrore in sè, quello della fiducia tradita e la consapevolezza che la persona che più la ama e che lei ama di più è un mostro e lo è per causa sua. Fenomenale Alida Valli, tra le altre cose. La pelle che abito è una storia di vendetta, in cui un Antonio Banderas che mi piange il cuore a pensare che ha fatto sto film e poi si è messo a parlare con le galline e con le fette biscottate fa il chirurgo pazzo che rapisce il ragazzo che crede abbia stuprato la figlia causandone il suicidio e lo trasforma in una donna, una donna identica alla sua ex. E ci fa cose. E lei/lui viene pure stuprata da un individuo raccapricciante chiamato Il tigre in quella che senza dubbio è la scena più terribile. Un film autorialissimo, notevole, inquietante, triste e bellissimo che mi fa ancora sperare che il buon Pedro abbia delle cartucce migliori de Gli amanti passeggeri da sparare.

20. Omen (1976). Chiudo in bellezza, ma solo perché non ho tempo e rimanderò tutto quanto al vol.4, con il frame che ancora mi terrorizza e che mi fa guardare con sospetto i bambini troppo ordinati e composti e perbenino (ma no poverini). Non posso dire nulla se non:

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Buon Halloween a tutti!

 

12 pensieri su “Horror: a love story. vol. 3 Halloween Special!

  1. “Occhi senza volto “, ricordi la fine di “Holy Motors”?

    “Zodiac” è grandissimo, la fretta è una cattiva consigliera.

    • Verissimo, grande! Holy Motors è un capolavoro, un grande ritorno di Leos Carax.
      Zodiac è un degno omaggio agli anni Settanta e al cinema di genere, con una grande mano autoriale che lo guida!

  2. Qui mi ci sono tuffata! Ovviamente per me guardona, leggere la competenza dell’amore è ben altro. Zodiac l’ho trovato un film ben costruito, strano che non sia piaciuto, ma leggo poco le critiche cine. E dovrò recuperare cose che non conosco: Occhi senza volto e Omen. Sono un po’ restia negli ultimi tempi, gli horror li trovo molto ripetitivi e più orientati allo splatter molto fine a sé stesso. Grazie 3:) non fa molta paura questo emoticon c’ho provato

    • L’importante è lo spirito!
      Occhi senza volto è molto sofisticato, ti piacerà!
      Grazie 🙂

  3. Recensione che va oltre la perfezione con un ringraziamento speciale dovuto al fatto che recupererò Black Christmas!

    Allora, Henry pioggia di sangue ha rappresentato il mio primo conflitto d’interessi cinematografico; Vidi questo inquietante film in un passaggio televisivo verso la fine degli anni 90 (Sono l’unico che pensa che Michael Rooker e Woody Harrelson sono stati separati alla nascita?) e nonostante le ODIOSE interruzioni pubblicitarie mi piacque tantissimo spingendomi a documentarmi sul vasto mondo dei serial killer cinematografici.
    Qualche anno dopo, ahimè, noleggiai in Vhs Caro Diario di Nanni Moretti, uno dei registi che maggiormente apprezzo e ammiro.
    Lo stile di moretti, semplice ma diretto, e assolutamente precursore di avvenimenti ancora non accaduti, ha molte particolarità tra le quali:
    FARE LETTERALMENTE A PEZZI FILM SGRADITI AL REGISTA.

    https://www.youtube.com/watch?v=KyPBBaCN5dY

    nel video, è documentata la scena.

    Che dire, possiamo stimare qualcuno e trovarci completamente in disaccordo con una sua opinione…

    Identità, nel fumetto Dylan Dog in un numero questo film venne omaggiato e come ben sai, John Cusack ha sempre un posto speciale nei nostri cuori…
    James Mangold, e lo scrivo senza controllare, firma un film claustrofobico, come raramente se ne sono visti.

    • Grazie! Speravo proprio di riuscire a far scoprire qualche perla horror a chi non la conosceva e Black Christmas lo è senza dubbio!
      John Cusack è sacro – non importa quante atrocità abbia commesso (Serendipity e 1408!) al 90% è stato un grande interprete e ha reso omaggio a quel fantastico libro che è High Fidelity!
      Grande! Vera la somiglianza tra Rooker e Harrelson. Tra l’altro entrambi mai giovani e mai vecchi!
      Per Nanni: ho avuto lo stesso problema in letteratura. Mi piace Bret Easton Ellis e adoro David Foster Wallace. Il primo ha detti cose orribili sul lavoro del secondo (che è mille volte più grande), eppure non posso disconoscere la bellezza di alcune opere di Ellis. Mi sa che c’è spesso un po’ di primadonnismo!
      Grazie ancora 🙂

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