Locke

Ivan Locke è un uomo integro, onesto, ordinato. Un uomo preciso, uno di quelli che indossano la camicia sotto il maglione, con i copri-sedile ortopedici. Uno che rispetta gli impegni, anche quelli che non si sarebbe mai voluto trovare ad affrontare. Il personaggio disegnato da Steven Knight (autore dell’impeccabile sceneggiatura del film di Cronenberg La promessa dell’assassino) e interpretato da un perfetto Tom Hardy (Bronson, La Talpa) ci viene presentato mentre si mette alla guida della sua auto, di sera, ma lo conosciamo attraverso questi dettagli. I baffi ordinati, la voce gentile, il senso di responsabilità che trapela dal progressivo impegno del protagonista nel fare ciò che è giusto. Un impegno che lo porterà, in una notte, anzi, in meno di due ore, a perdere tutto ciò che ha. Questo è uno di quei film che sono grata di aver visto e rivedrei cento volte: è un road movie, un’opera introspettiva, un film in cui, in meno di due ore, il personaggio arriva a conoscere sé stesso in tutte le sue sfaccettature, che sono tante quante le angolature da cui viene ripreso e diverse quanto le superfici attraverso cui la macchina da presa fa passare il suo sguardo.

 

Locke1Locke, in tempo reale, racconta la caduta e contemporaneamente – secondo me – l’ascesa (in quanto essere umano) di un uomo che si trova a fare i conti con i suoi errori, i fantasmi del suo passato, ma, soprattutto, con i suoi pregi. La storia, ambientata unicamente all’interno della sua auto – una BMW X5 da cui capiamo che è un uomo di discreto successo – è scandita dalle telefonate che Locke fa e riceve e attorno alle quali si articola tutta la vicenda. Quello che sappiamo, all’inizio, è solo che Ivan Locke sta guidando e sta cercando di raggiungere una donna di nome Bethan, cui si rivolge in modo calmo e rispettoso, ma senza particolare trasporto. Non lo sta minacciando. Nono sembra essere la sua amante. Né una figlia. Nemmeno un’amica. Presto scopriamo che Bethan sta per partorire il figlio di Ivan, un figlio concepito in una notte alla fine di un lavoro in un cantiere, una notte alla fine della quale sarebbero dovuti anche terminare, per sempre, i rapporti tra lui e la donna fragile e sola con cui aveva tentato di sfuggire alla solitudine. Il viaggio di Locke è un viaggio verso l’assunzione della responsabilità per ciò che ha fatto, una responsabilità cui non ha intenzione di sfuggire. Lo scopriamo quando, in quello che è un colpo di scena di grandissimo impatto, Locke guarda con uno scatto nello specchietto retrovisore e si rivolge, velenosamente, al padre. Sul sedile posteriore non c’è nessuno e, allo stesso tempo, un cambiamento nella luce e nell’inquadratura ci fa realmente avvertire la presenza di un trauma, di un ricordo doloroso, del fantasma di un uomo che l’aveva abbandonato alla nascita e dal quale Locke vuole differenziarsi il più possibile. Nello specifico, tre sono gli impegni cruciali – e i flussi conversazionali – cui Locke tenta di tenere fede: la nascita del bambino, la colata di calcestruzzo (la più grande di Europa) nel suo cantiere, guardare la partita con la moglie e i figli. Per essere presente al primo, decide di abbandonare il cantiere e far seguire il lavoro al meno esperto Donal (Andrew Scott, il fenomenale Moriarty della serie Sherlock), un collaboratore, per fare in modo che il lavoro vada a buon fine: le telefonate con Donal e con il suo capo Gareth, salvato tra i contatti come «Bastard» costellano il suo viaggio in macchina, interrotte solo dalle – talvolta deliranti – telefonate di Bethan e quelle con la moglie e i figli. Mentre fatica per tenere fede al suo impegno lavorativo, Locke racconta la verità alla moglie Katrina (Ruth Wilson, Saving Mr. Banks), una rivelazione che ha un effetto devastante e che avrebbe voluto farle con più calma, se non fosse che Bethan ha dovuto recarsi in ospedale due mesi prima del previsto. Ancora una volta, nessuno ci dice nulla sul matrimonio di Locke, se non che è durato quindici anni, quindici anni in cui afferma di essere stato fedele. Il fatto che non fatichiamo a credergli, è dovuto sua all’interpretazione di Tom Hardy, che ricopre tutte le sfumature del personaggio fino a renderlo un essere umano reale, sia alla regia che, con intelligenza, mostra spesso la fede che brilla alla luce dei lampioni.

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 La necessità di rispettare gli impegni, di dare il suo cognome al bambino, di accettare le proprie responsabilità portano Ivan Locke a perdere il lavoro, situazione che lui accetta con calma e pazienza, ma, soprattutto, con una dignità evidente nella decisione di continuare a seguire a distanza il cantiere per fare in modo che le fondamenta del suo palazzo siano solide, che il suo edificio non abbia crepe. Sono proprio le fondamenta di Locke a renderlo un personaggio così straordinariamente complesso, ammirevole proprio per la sua capacità di accettare le conseguenze delle sue azioni: lui ha delle fondamenta vacillanti, eppure è un uomo senza crepe, anche se la vita inizia a crollargli addosso in un crescendo che culminerà con l’addio da parte della moglie, quasi contemporaneamente alla nascita del bambino, il cui pianto, sentito per telefono, fa sorridere il protagonista di una gioia che non è quella di un padre, ma quella di chi ha perso tutto, ma ha conservato la propria integrità.

6 pensieri su “Locke

  1. che amiamo gli stessi film…
    E ti confermo che recensisci meravigliosamente, si legge benissimo che ogni riga è tua e solo tua, e questa secondo me è la più grande qualità che deve avere un blogger.
    Sono d’accordo su tutto, raramente ho visto un Uomo come Locke.
    O tratteggiato come Locke.
    Film magnifico, per me uno dei top dell’anno.
    Per stanotte mi fermo qua che ho visto che il prossimo è Nymphomaniac.
    E credo serva attenzione e tempo.
    Se me l’hai stroncato ti dico addio 🙂

    Notte.

    • Assolutamente no. Nymphomaniac credo sia uno dei prodotti cinematografici migliori dell’anno e, anche se la seconda parte mi ha un pochino delusa (probabilmente perche` non ho potuto vedere la versione integrale), come potrai vedere quello che ho scritto e`, praticamente, solo positivo.
      Locke: santo cielo, questo film e` un capolavoro e ho paura che sia passato troppo inosservato, mentre e` una riflessione per nulla scontata sull’essere umano (che e` preso “puro” nel suo essere cosi` isolato dal resto del mondo per quell’ora e mezza). Grazie per aver postato su Locke 🙂

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