Nymph()maniac vol. 2

Se non sapessi che Nymphomaniac è, in realtà, un unico film, girato e montato e poi tagliato in due parti – e tagliuzzato da qualcuno che non è Lars von Trier – penserei che Nymphomaniac vol.2 altro non è che il continuo, mal riuscito e molto più tiepido e vuoto, rispetto alla prima parte, decisamente più interessante e carica di significato. Un significato che può non essere condiviso, o apprezzato, ma, sicuramente, appare evidente come nel vol.1 von Trier tenti di comunicare qualcosa che, nel vol.2, sembra essere completamente sparito. La ninfomania di Joe si trasforma nella pura e semplice ricerca di un piacere che non può più raggiungere e si perde, per la maggior parte del film, la componente di sofferenza e di dolore che aveva, invece, dominato per tutta la prima parte. Il film inizia con un nuovo capitolo e Joe racconta a Seligman, che non fa altro che intellettualizzare e contestualizzare storicamente e letterariamente ciò che la donna gli racconta, soprattutto facendo riferimento alla Bibbia e descrivendo i racconti di Joe come delle blasfemie in realtà non blasfeme, proprio in funzione della sincerità spiazzante con cui la donna ne parla. In questa dialettica che si viene a creare, sebbene inizi a diventare presto piuttosto monotona e a ricordare una gara di citazioni che Seligman fa con sé stesso, resta interessante il fatto che l’uomo e Joe costituiscano, messi assieme, un essere umano quasi completo: lei rappresenta la carnalità, il corporeo, la sessualità, mentre Seligman è mente, spirito. O almeno così ci sembra durante la prima parte di Nymphomaniac vol. 2, in cui scopriamo che l’uomo che sta ospitando Joe è, sotto il punto di vista sessuale, una tela bianca. Nel film vi sono alcuni spunti di riflessione, comunque, carichi di significato. Interessante è come Joe e Seligman rappresentino le due fasi della depressione bipolare, la mania lei, la depressione vera e propria lui. Seligman si configura come il perfetto ascoltatore e ci spiega il modo di guardare alla storia che von Trier racconta: con innocenza, perché questo racconto non deve essere guardato «attraverso le lenti colorate della sessualità» per essere compreso.

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Di tutti i capitoli della storia di Joe, quello riguardante K., l’uomo da cui le donne andavano a farsi picchiare per ritrovare qualcosa di perduto o mai conquistato, risulta uno dei più interessanti e rappresenta un esame, a tinte forti, della fragilità umana: quante più debolezze hanno le persone, tanto più tendono a farle uscire con una forza spesso brutale. Allo stesso modo, von Trier ci dà, in una sequenza di una bellezza abbacinante, una chiara e nitida immagine di Joe, della vera Joe, quando, ormai a pochi minuti dalla fine, la vediamo arrampicarsi su una roccia accompagnata dal vento e dal suono del violoncello. Di fronte a lei, su un’altura, un albero solitario e obliquo. Lars von Trier, in questa sequenza, ci mostra l’anima della protagonista, come il padre le aveva mostrato l’anima degli alberi, quella che si vede in inverno.

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Ancora una volta il regista danese si configura con un personaggio controverso, provocatorio e, sebbene il finale di questa seconda parte sia molto debole e tutto il film sembri uno strascico del vol.1, sono sempre dell’opinione che i film di Lars von Trier, anche quelli meno riusciti, sia meglio vederli e, magari, detestarli, piuttosto che non vederli affatto.

4 pensieri su “Nymph()maniac vol. 2

  1. Assolutamente.
    Peccato, secondo me se l’avessi visto tutto insieme avresti scritto qualcosa di diverso.
    Non migliore, perchè è tutto perfetto così, ma la prima parte non è influenzata dalla seconda e la seconda troppo dalla prima così.
    Ma il giudizio e le tematiche di fondo sostanzialmente restano le stesse.

    • Ho veramente voglia di vederlo in lingua originale, versione integrale e tutto in una volta sola! Penso che sia l’unico modo di approcciare il film come una creatura completa!

  2. Si intuisce un pizzico di delusione e maggiore coinvolgimento nelle tue parole.
    Ed è giusto così, il secondo tempo è molto più debole.
    Restano sequenze straordinarie e quel finale incredibile che volendo ti fa rileggere tutto il film in un solo secondo.
    Ma era un finale che, ragionandoci, era quasi impossibile non fosse così.
    E’ Trier e io non ricordo un solo uomo in Trier dello spessore e della assoluta “perfezione” di Seligman,
    No, non poteva essere, Trier odia gli uomini o comunque non può fare a meno di raccontarne i lati oscuri o quelli più abietti.

    • D’accordissimo. Purtroppo mi ero così affezionata a Seligman che non riesco ad accettare il suo essersi rivelato così piccolo e meschino.
      Comunque trovo geniale la dialettica della diade. E l’albero è di una potenza meravigliosa

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