’71 (32 TFF)

Chi è Yann Demange? È un regista britannico semisconosciuto al mondo e, fino a poco fa, anche a me, nato nel 1977 – l’anno del punk, che, se ancora non si fosse capito, ha un’importanza fondamentale nella mia vita e tendo ad assegnare delle metaforiche stelle d’oro mentale in modo totalmente incongruo anche solo per vaghi collegamenti con il punk basandomi sull’idea che punk (storico) = bello. Non voglio spoilerare, sarà dura, ma non voglio farlo, perché questo film merita di essere visto e voi meritate di vederlo senza saperne troppo, perchéanche se non vi conosco o conosco pochi di voi o vi conosco poco, se siete qui so che vi piacerà da impazzire (ovviamente l’ho presa sul personale e questo film va direttamente sotto la mia ala protettrice – non che abbia una vera utilità, ma mi piace pensare di essere stata una tra i primi sostenitori di questo regista qui).

La storia è ambientata nel 1971, durante le rivolte in Irlanda del Nord a causa dei tristi motivi e fatti che ci sono ampiamenti noti. Se il clima di quel periodo e di quei luoghi non l’ho mai vissuto – un po’ perché non ero nata e un po’ perché sono nata in un altro stato, che di problemi ne ha avuti pure lui – per ragioni anagrafiche, l’ho comunque visto tramite una seerie di film che hanno tentato di raccontare l’IRA e l’Inghilterra di quel periodo. Uno dei migliori è sicuramente Hunger di McQueen, ma mostra un frammento, il dopo, un uomo e, attraverso questo frammento, mostra la storia.

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Qui, invece, siamo lanciati, senza preavviso, senza esperienza, senza sapere cosa fare, nel pieno dell’azione. Proprio come accade a Gary Hook (Jack O’Connell), il protagonista, un soldato dell’esercito britannico, uno che va a combattere per il suo paese, ma non sembra particolarmente convinta della causa per cui combatte – o, meglio, ci crede, ma non al punto da diventare gratuitamente violento con i civili in rivolta. Jack O’Connell. Parliamone. Mi sento quasi come una zia, o una sorella maggiore, perché questo attore l’ho visto in 5 film, 3 dei quali presentati ai vari TFF (Tower Block – un po’ una thrillercazzata, ma divertente, dove lui fa lo spacciatore (baby) stronzetto che riesce a salvare la situazione; The liability, un’altra thrillercazzata dove Tim Roth faceva quello che fa Tim Roth da quando esiste Lie to me – e, alla fine, è pure divertente, ma nient’altro, mentre Tim Roth sa fare grandemente di meglio (e lo si adora per Le Iene, quando suona il piano sull’oceano e il fattorino bizzarro o in Il cuoco, il ladro, sua moglie, l’amante – e Jack O’Connell fa il tamarro di famiglia ricca che sembra veramente scemo, è veramente scemo, ma è talmente meno schifoso degli altri esseri umani che gravitano nella storia che riesce a combinare qualcosa, alla fine; ’71, appunto) , uno al buonissimo Sottodiciotto film festival di Torino (Starred Up) e nel ruolo di Pukey in This is England (era un embrione, praticamente). Allora, dopo aver visto Tower Block e The liability avevo registrato questo attore come un simpatico tamarro irlandese, uno divertente e con una parlata incomprensibile e destinato a ricoprire ruoli da simptico scemotto. Poi ho visto Starred Up e ho fatto una cosa che adoro fare: mi sono ricreduta, perché reggera una parte come quella richiede talento (in breve: giovane raga effettua il doloroso passaggio dal cercere minorile a quello adulto. ALLARME SPOILER Il film racconta questa transizione, quella da ragazzo a uomo, quella da figlio a essere indipendente, quella da giovane rabbioso a persona autocosciente – non è che diventa un maestro zen, eh, i britannici non fanno queste stupidaggini nei film – e da carcerato a uomo libero FINE SPOILER), perché viene raccontato un breve periodo della vita del protagonista, ma è talmente denso di eventi che ste due ore e passa di dramma, rabbia, angoscia, ma anche libertà di essere come accidenti si vuole, raccontate con gialli slavati all’interno di questo carcere claustrofobico – grazie, direte voi, è un carcere; vero, ma fa sembrare quello di Le ali della libertà un salotto ottocentesco – dove regna un’atmosfera talmente opprimente da farci sentire intrappolati in un altro mondo. E in ’71 queste buone impressioni si riconfermano. Che il cinema britannico (e la tv – Southcliffe, per esempio, con il supremo Rory Kinnear) stesse regalandoci una serie di perle negli ultimi anni era dato per scontato, ma ora inizia a sfornare anche una serie di attori bravissimi (tipo i due di Honeymoon), che quelli americani – che comunque non fanno pena, sono meglio di quelli italiani tranne Toni Servillo che è la recitazione fatta uomo ma non è questa la sede, mi sa – gli fanno un baffo – per non usare un’espressione ben meno di classe ma sicuramente più evocativa che lascerò alla vostra immaginazione.

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Okay. La forza di ’71 sta ovviamente, oltre alla recitazione di tutti gli attori e di O’Connell – tutti bravissimi – e nel background storico – che penso sia uno dei più coinvolgenti e affascinanti – nelle capaci mani del regista, la cui esperienza si limitava solo alle serie tv (ma, ripeto, le serie tv inglesi sono una cosa che non ci si può credere: guardate Southcliffe, davvero, una bomba), tra cui Dead Set (che tratta di zombi indi per cui non me la posso perdere) e, probabilmente, il ritmo serrato che viene utilizzato in quel tipo di narrazione resta in questo film, soprattutto nella prima parte. Gary viene, infatti, mandato a controllare una rivolta assieme ad altri giovani colleghi e, da qui in poi, succede di tutto. E siamo sempre con lui. Quando tenta di tenere a bada i civili siamo in ansia con lui, quando il suo compagno viene ucciso sotto ai suoi occhi sentiamo il suo shock e fuggiamo terrorizzati e a corto di fiato mentre lui viene inseguito da alcuni dei cattolici in rivolta che tentano di sparargli.

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Nella sua fuga, Gary incontra diversi personaggi, alcuni disposti ad aiutarlo, altri pronti a ostacolarlo, altri ad ucciderlo. Nel nome di qualcosa di più grande. Il film pone una serie di interrogativi su quanto quello che, normalmente, viene considerato il bene più grande, la vita umana, sia subordinabile a un concetto astratto riconosciuto come un bene superiore. Ma anche il contrario. Inoltre, un elemento particolarmente interessante di questo film – e che lo rende un gran film e un’opera dotata di una rara bellezza – è vedere chi rinuncia a cosa e con quanta forza è disposto a farlo e, soprattutto, il fatto che il modo in cui cosa venga salvaguardato e sacrificato in virtù di qualcos’altro non è assolutamente scontato.

 

4 pensieri su “’71 (32 TFF)

  1. Ho visto il trailer, in lingua originale. Farò di tutto per recuperarlo, magari in qualche cinema d’essai a milano….
    Adoro quel periodo e le storie legate al popolo irlandese e questa tua recensione mi ha fatto venire una gran voglia di vederlo

    • Secondo me questo film verrà distribuito, sarebbe uno scempio non farlo! E a te piacerebbe esageratamente 🙂

    • Sono d’accordo! Purtroppo ne ho visti solo 12 avendo passato li solo il weekend, ma ’71 merita tantissimo!

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