Home Video: Funny Games

Sarei tentata di scrivere che Michael Haneke, con questo film, diventa un neo-Hume, che disfa la convenzione per cui causa à effetto e che fa un discorso estremamente postmoderno, facendo a meno dell’estetica e della ridondanza che proprio contraddistinguono la postmodernità. E, probabilmente, non direi nulla di falso. Però, anche se sono quasi certa che lui avesse in testa anche queste cose, mentre pensava Funny Games, sono anche quasi certa che ci sia qualcosa di molto piùumano e immediato e viscerale, sia nelle sue intenzioni, ma, soprattutto, in quello che lo spettatore percepisce. Obbiettvamente, questo – come ogni film di Haneke, ma forse questo più di alcuni altri – è un film che fa male. Fa stare male. E, in questo, è un capolavoro. Perché dal sadismo dei personaggi e dal sadismo inflitto allo spettatore – perché si sta da schifo per tutto il tempo – ne esce qualcosa di significativo. Di impossibile da ignorare. Funny Games è un film che resta, che ti insegue. Haneke non crea prodotti che debbano essere riguardati – oddio, io me li riguardo anche, lui mi piace tantissimo, dopo Lynch è il mio regista preferito, ma, diciamocelo, non èhe si ha “voglia” di guardarsi, non so, Il Settimo Continente prima di andare a dormire, lo fai perché sai a cosa stai andando incontro (tipo in Funny Games quando John Zorn soverchia tutto lo sai e sono passati solo 2 minuti [ tra l’altro: che bello vedere John Zorn messo assieme a Mozart e compagni nella colonna sonora, stessi caratteri eccetera, una cosa che alla fine sarebbe anche normale ma che mi fa pensare che Haneke ha un sacco di classe]) e non sempre è il momento adatto – perché restano lì, aggrappati alle pareti della nostra anima, conficcati nel nostro cervello, nel nostro stomaco. E non ci lasciano più.

Cosa significa guardare Funny Games per l’ennesima volta? La prima, nella mia cameretta, avrò avuto 17 anni. Non avevo visto il trailer, pensavo fosse un buon modo per imparare meglio il tedesco – meglio un film che il manuale di quarta liceo con le figure fosforescenti e i dialoghi improbabili e i testi delle canzoni di Falco – e non sapevo esattamente a cosa andavo incontro. Ovviamente non ho chiuso occhio. Ogni rumore un battito cardiaco saltato. Un istinto di protezione nei cofronti dei miei genitori pazzesco, che ero quasi felice di essere immobile, con gli occhi sbarrati, a vegliare sul loro profondo sonno. Poi ho visto Funny Games US, tutto identico tranne per i pantaloncini di Paul – grazie al cielo lunghi fino al ginocchio, stavolta – , il vestito di Naomi Watts, che non si intonava più così perfettamente alla tenda come nella versione del 1997 e il trailer. Quello l’avevo visto e mi ero conficcata una mano nei capelli, con tanto di sguardo rabbuiato e testa scossa e la voce lagnosa che tentava di spiegare ai miei che non centrava niente con Arancia Meccanica – capolavoro indiscusso, ma non centra un accidenti: tizi vestiti uguali si introducono in abitazioni private e fanno casino, ma è come paragonare Cache e Strade Perdute, film bellissimi, incipit similissimo, ma poi partono e proseguono su binari opposti (mobiussianamente visionario uno – okay, non esiste sta parola, lo so – e gelidamente realista l’altro). Va beh, andiamo a vederlo, mi sono detta, sperando davvero nel rispetto del shot-by-shot (allora non conoscevo benissimo Haneke, quindi non avevo una fiducia così cieca nella sua integrità artistica). Funny Games US è bello nella misura in cui è identico al primo. Ma il primo è più potente. E per un paio di ragioni non banali:

  • La famigliola sembra una famiglia di persone normali che potresti incontrare alle sette di sera al supermercato, tutti scasciati, proprio come te. Il fatto che gli attori siano, al di fuori dell’Austria, semisconosciuti, aiuta.funnyG
  • Detto questo, Ulrich Mühe, che ormai non è a me sconosciuto, dato che Haneke, finché ha potuto, l’ha cacciato ovunque possibile (Il castello, Benny’s Video) e ha fatto una cosina che si chiama Le vite degli altri, che è un imperdibile, ecco lui è, anzi, purtroppo era, BRAVISSIMO ACCIDENTI. Fa piangere da quanto era bravo. Ci crediamo in ogni secondo a quello che sta succedendo e in gran parte grazie a lui. Ovvio che la storia tiene, il montaggio tiene, la camera fissa fa molto realtà, gli altri attori sono molto bravi (ricordiamo che Arno Frisch altri non è che l’”adorabile” ragazzino di Benny’s Video, della serie piccoli psicopatici crescono), ma lui è proprio un papà e un marito e un uomo che sta soffrendo. Che ha paura. E noi con lui.
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Piccoli psicopatici crescono

Il film in generale propone una serie di momenti accuratamente studiati per cui non puoi fare a meno di guardare, ma vorresti distogliere lo sguardo. Haneke ci fa fare esattamente quello che fa la gente morbosa che sta immobile a fissare i rottami ardenti e la gente a terra dopo un incidente stradala. O che si accalca fuori dalle scene del crimine. O peggio. Haneke ci rende voyeur di una delle tragedie peggiori che possano capitare a una famiglia (la peggiore, direi) e la sequenza dopo la morte del bambino, con tutto quel rumore di fondo, la staticità, il respiro affannato della madre legata che non riesce a fare altro che spegnere faticosamente la tv è dolore puro. Perché il buon Michael ci fa questo? Oddio, se posso permettermi di dire la mia – ma i blog esistono apposta – perché vuole che apriamo gli occhi di fronte alle brutture del mondo e gli occhi ce li fa aprire proprio fisicamente, con tutte le camere fisse, l’immobilità, i tempi lunghi, i silenzi. Ci tiene lì, ad aspettare che qualcosa di terribile accada. E l’attesa è sfiancante, tanto che poi, quando succede il peggio, siamo ancora più traumatizzati, perché abbiamo sentito la paura crescere fin dai primi gesti impercettibilmente intrisi di crudeltàdei due ragazzi, dal tono della loro voce, così innecessariamente sicuro di sè, ma anche da tutti quei dettagli registici che non sappiamo bene come, ma che ci hanno allertati. Le uova che non vengono pulite bene, ma che restano un po’ appiccicate al pavimento. Che angoscia.

uova

Un’angoscia che im ha seguita fino a casa, fin sotto le coperte, quando cercavo di addormentarmi e avevo questa orribile paura, anche se il film era finito, che stava lì. Paura di cosa? Che le persone che amo soffrano. E, alla fine, Haneke te le fa amare ancora di più. Certo, passa attraverso una serie di torture psicologiche non da poco, che ti rendono uno spettatore traumatizzato e immobile di fronte a tutta la violenza delle immagini e anche di quello che non vediamo ma che sentiamo soltanto, ma, alla fine, ne esco sempre con la certezza di voler essere una persona migliore, con un istinto di protezione pazzesco e con l’impulso di abbracciare la persona che mi sta accanto (non accanto fisicamente tipo gente a caso né), chiamare la mia mamma e dirle che le voglio bene, essere una cazzo di persona decente. Poi posso mettermi le lenti da pseudocritica e vederci: Hume; la critica alla società austriaca che nel suo essere carina, gentile e borghese nasconde delle zozzerie pazzesche, come la madre che non pulisce bene le uova dal pavimento; l’Austria ormai corrotta, Sissi che è morta – secondo voi perché continuano a nominare sta povera Sissi? Secondo voi Haneke dà il nome a caso a un personaggio che non appare neanche e che non è funzionale ai fini della storia? Oddio, magari si, ma da lui mi aspetto un certo tipo di cose – e tutto il discorso sulla noia, sull’essere viziati e ricchi piuttosto che deprivati e drogati (tanto se fai del male il risultato è lo stesso, causa ed effetto ce li siamo inventati per giustificare qualcosa che non sappiamo spiegare), eccetera eccetera. Ma, alla fine, con tutto il male che mi fa, Haneke a me fa un sacco di bene.

4 pensieri su “Home Video: Funny Games

  1. Ricordo quando andammo a vedere la versione US al cinema… quel senso di smarrimento, quell’ansia che però ti tiene bloccato alla poltrona e quell’incredibile torsione narrativa della scena del telecomando…

    Sulle prime non riuscivo a capirla, mi sembrava un controsenso, poi mi sono reso conto della necessità di far accadere qualcosa di incomprensibile in un contesto incomprensibile ma per altri versi.
    Surrealismo mischiato a realismo.

    Lo faceva anche Bunuel (un autore che ti consiglio, appena hai un po’ di tempo)nei suoi film, almeno nella maggioranza di essi.

    • Che a una certa era anche saltata la pellicola! Ma che angoscia!
      Si, anche io ho subito il fascino discreto di Bunuel 🙂

  2. “Il film in generale propone una serie di momenti accuratamente studiati per cui non puoi fare a meno di guardare, ma vorresti distogliere lo sguardo.”

    questa frase riassume perfettamente tutto il film: angosciante, mostruoso, sconvolgente, ma ne vogliamo di più ad ogni frame!

    • Haneke è un regista straordinario. Fa sempre quell’effetto lì! Non so se hai visto i suoi primi 3 film, ma lì c’era già tutto. Il finale di Der Siebente Kontinent – scena dei pesci – è questo!

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