Chaucun son cinema: Aki Kaurismaki

Chacun son cinéma : une déclaration d’amour au grand écran

34 registi e la richiesta di girare un corto di circa 3 minuti. Il tema: Cosa significa per te il cinema? Fagli una dichiarazione d’amore.
Oddio. Immaginiamo che io sia una giovane regista, come potrei descrivere la magia della sala buia, il tuffo al cuore delle immagini in movimento, la consapevolezza dell’artificio che sta nel fatto che percepisco la continuità dei fotogrammi anche in virtù del fatto che la visione è un processo lento, la familiarità del platplatplat della pellicola (quando ancora posso sentirlo) e la pace della mente che sa che per un paio d’ore tutti i problemi saranno chiusi fuori. A loro non è concesso entrare in sala.
Qualche mese fa mi sono ritrovata a vedere Per un pugno di dollari in sala in versione restaurata e la persona che mi stava accanto mi ha detto: è magico, vero ? Mi sono sentita così felice, perché qualcun altro capiva cosa provavo. Quanto è importante per me non solo il cinema, ma anche stare in sala, avvolta nel velluto della poltrona come in una sorta di nido protettivo dove niente può farmi male anche se si muore di freddo). Il cinema mi salva sempre.
Ma non sono una regista e non so come spiegare il bisogno, l’emozione, la perfezione di quel momento in cui guardi qualcosa di speciale e senti che qualcuno sta cercando di dirti qualcosa che per lui/lei è importante, che sta comunicando con te anche a decenni di distanza. E magari voleva solo dire qualcosa a qualcuno perché non c’era nessuno lì a capirlo/a, ad abbracciarlo/a. Forse stava solo passando un momento difficile e aveva bisogno di dirlo a qualcuno, a modo suo. È M-A-G-I-C-O. Stop. E non posso farne a meno.
Fortunatamente a questo mondo esiste qualcuno di molto più capace di me, qualcuno che è riuscito, in 3 minuti, a esprimere la necessità del cinema. Il suo nome è Aki Kaurismaki (di suo ho recensito molto goffamente solo questo) ed è un poeta che canta con voce roca (metaforone, lo so, ora la smetto) storie di gente umile, degli ultimi, dei marginali. E a volte ci piazza pure Joe Strummer (http://www.youtube.com/watch?v=2I9KXRr3VhI). Kaurismaki è un poeta rock’n’roll che mi ha tenuto compagnia anche più di quelli che considero i miei registi preferiti, perché lui era lì quando ero triste, pronto a dirmi che la vita è sì uno schifo, ma che nello schifo si può trovare quanto di più bello ci sia (L’uomo senza passato, Le luci della sera), a rassicurarmi, perché nella stranezza risiede un certo bizzarro equilibrio (Leningrad Cowboys nelle loro varie propaggini, Vita da boheme con un Matti Pellonpaa che ci piange ancora il cuore per la perdita), a ricordarmi che se anche stavo male non dovevo ne potevo scordarmi di chi stava peggio (Le Havre), che anche se ero sola prima o poi non lo sarei stata più (praticamente ogni suo film, ma I hired a contract killer e Nuvole in viaggio sono perfetti), che l’amore bruciante può durare per sempre (Arletty e Marcel in Le Havre sono da sogno). Era lì per dirmi: il cinema è una necessità anche per me. E l’ho capito quando ho visto il suo corto per Chaucun son cinema.
La fonderie. Operai che escono dalla fabbrica, a frotte. Sono stanchi, spossati, sporchi (mo la smetto pure con le s) e sono stati chiusi al buio per tutto il giorno, prigionieri di un lavoro pesante, la cui bruttezza Kaurismaki non ci lascia vedere, perché non è questo quello che conta. Il cinema di Kaurismaki mostra la sventura e la sofferenza sempre con una certa dose di ironia, forte del fatto che nella vita si può stare bene anche quando si sta male (e non mi stancherò mai di ripeterlo, Amour di Haneke è fenomenale sotto questo punto di vista e Vita da boheme di AK pure). E che fanno questi operai, appena usciti dalla fonderia, che sono stati al buio tutto il giorno? Vanno al cinema. E chissenefrega se il film mostra immagini di gente che va a lavorare in fabbrica. Non sono loro. Si tratta comunque di evasione. Si stanno godendo la magia del cinema, unica cura contro la tristezza della vita. E, di contro, Kaurismaki ha un’ironia agghiacciante nel mostrare la vacuità dei loro volti, quasi il cinema fosse una droga, un riempitivo fino al prossimo turno. A voi l’interpretazione. Io mi tengo la mia, tutta cuoricini e bacini rivolti a quella creatura meravigliosa che è il cinema. E poi, scusate, ma la cassiera del cinema è fenomenale.

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Tutta l’ironia, l’amarezza, la creatività e la fantasia di Kaurismaki sono qui concentrate e alla fine si ha la sensazione di aver mangiato un’arachide con il wasabi o una liquirizia salata (per restare finnici). E io ne voglio ancora.

5 pensieri su “Chaucun son cinema: Aki Kaurismaki

  1. Grazie ancora per avermi consigliato l’uomo senza passato e miracolo a le havre, hanno riempito alcune giornate che altrimenti sarebbero state vuote.

    Sarà un caso, ma la prima pellicola dei fratelli lumière riguardava proprio l’uscita dei propri dipendenti dalla fabbrica.
    Una sottile citazione?

    • Credo che non ci sia modo migliore per omaggiare il cinema e dimostrargli il proprio amore 🙂 una citazione particolarmente coccolosa secondo me!

    • Ah, prego comunque! Sono dei film meravigliosi. Mentre scrivevo il post mi sono resa conto di aver visto molto di Kaurismaki. Non mi ha mai delusa, ci mette sempre il cuore nei suoi film e si sente/vede! 🙂

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