The Guest

Io non conosco bene Adam Wingard, ho visto solo due suoi film e i corti di V/H/S e V/H/S 2. Sui corti non mi dilungo, anche perché V/H/S l’ho visto quando è uscito e mi ricordo solo che mi era piaciuto in generale, ma non molto altro e, anche se più ci penso più voglio rivederlo, al momento sono troppo estasiata da You’re Next, che ho colpevolmente visto solo da poco e, soprattutto, da The Guest, visto giusto un paio di giorni prima di Natale. Ecco, The Guest, un film che ti spara un sacco di lucine colorate in faccia, una discoteca labirinto molto più pop di quella Subsonica-Bluvertigo, un film d’azione che non ti aspetteresti di vedere se ti danno in mano un dvd e ti dicono che è un film d’azione. Eppure è esattamente quel tipo di film, fatto, però, da uno che si deve essere visto una quantità preoccupante non solo di film d’azione, ma di film in generale – e, con “preoccupante” intendo fare un complimento. E ha una colonna sonora che non lascia indifferenti, la sto ascoltando ora che scrivo e non posso fare a meno di ondeggiare scattosa al ritmo di roba anni Ottanta e che dagli anni Ottanta pesca a man bassa e che mi sta facendo piacere un genere cui, prima d’ora, avevo sempre guardato con sospetto. Andate a sentire Hourglass e Omniverse dei Survive, per favore. E leggete e ballate assieme. (io mi sto trattenendo da canticchiara sbababdam ritmicamente solo perché sono in pubblico. Ma no dai. Chissene.).

Balliamo! (la danza dello spoiler)

Capisco che The Guest non è un film come tutti gli altri dopo i primi fotogrammi: un uomo che corre, di spalle, in abbigliamento militare; uno spaventapassaeri con al posto della testa una zuccona di Halloween e il dito medio puntato verso est/ovest (non lo so, io e la geografia siamo due concetti totalmente estranei); il titolo del film kitchissimo con un’estetica accavallata tra anni Settanta (forma) e Ottanta (colore) che fa venire i brividi e ricorda eccessivamente per poter essere casuale quella dei titoli di L’Esorcista. Sì, perché se, da un lato, sono terrorizzata dalla patinatura e dalle spalline imbottite, le rouches e i capelli cotonati, dall’altro il dark side degli anni Ottanta mi affascina da quando ero una teen impaccata con i Misfits e le atmosfere horror. Non ci vuole molto a capire che tra i film che Wingard ha visto ci sono, anche se non in prima linea, le commedie teen anni Ottanta, che sono condensate nel personaggio di Maika Monroe, già vista nel figoso It Follows, che è una versione dark e scazzata delle protagoniste di quel tipo di film, che fa proprio quel tipo di lavoro, con la divisa del diner che è un’orgia di toni pastello che neanche una nursery e sta di nascosto con il bad-boy di turno (uno spacciatore amatoriale/dilettante/della domenica, scegliete voi), ma non esita a sospirare con sorrisino ebete fintissimo e fattoappostissima quando vede il bizzarro protagonista del film uscire dal bagno avvolto dal solo asciugamano. Ma andiamo con ordine.

THE GUEST

Alla voce (vedi sotto): risvegliare i fantasmi

Trama? Un ex soldato, appena congedato con onore, si reca dalla famiglia di un suo commilitone, Caleb Peterson, eroicamente morto per dire loro di persona quanto lui li amava, per rispettare una promessa fatta in punto di morte. E fin qui, siamo all’incipit di tantissimi film sul post-guerraacaso. Se non fosse che questo ex soldato, David (un semisconosciuto tipo di nome Dan Stevens che mi risulta sia tra i personaggi del sequel di Horrible Bosses, una roba che non vedrò per niente al mondo, grazie) arriva lì di corsa dalla stazione (ecco chi era che correva all’inizio) – una cosa da pazzi – e riesce a farsi invitare a passare una notte dalla famiglia del defunto Caleb, nonostante la sua espressione vari dal pietrificato al sorrisino asimmetrico di chi vuole fare il tranquillo ma nel frattempo sta calcolando contemporaneamente: a) quale sia la via di fuga più prossima in caso di; b) in quanti modi può ucciderti.

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Questa faccia qui

Eppure mentre afferma che lui è lì per aiutare noi ci crediamo e soprassediamo al brividino di vederlo seduto sul letto della stanza del povero Caleb (questo sì che è risvegliare i fantasmi), mentre fissa un non precisato punto al di là della finestra, sempre con lo sguardo pietrificato. Il brividino ci dice che forse David non dorme. O dorme come i cavalli. Sta di fatto che il carisma di David, veramente di criptica ma efficace natura, finsice per conquistare anche Anna, sorella di Caleb e il padre, inizialmente riluttanti riguardo la sua permanenza, mentre guadagna la completa fiducia del fratello quattordicenne Luke. E come? Chiunque sia stato bullizzato o qualcosa di vicino all’essere bullizzato lo sa: se uno arriva e: 1) ti fa sentire importante ed è un tipo cool a cui piaci; 2) ti libera dai bulli; 3) ti insegna ad avere fiducia in te stesso così che tu riesci a liberarti dai bulli da solo per sempre sempre sempre, beh, come puoi non abbracciarlo acriticamente? Ecco. Quando la storia inizia a procedere e David inizia a comportarsi in un modo che insospettisce Anna (tipo che commette un omicidio e fa incolpare il di lei fidanzato, elimina il collega del signor Peterson di modo che questi possa avere una promozione, pesta a sangue i bulli dopo avergli offerto dei Cosmopolitan), Luke se ne esce con un chissenefrega se hai ucciso tutte quelle persone, io non lo dirò mai. Bene.

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Il mio coltello e` mio amico

Ci accorgiamo che David è davvero lì per aiutare: sta eliminando chiunque infastidisca la famiglia Peterson. Come un Terminator (dato che l’associazione con questo film e con l’Halloween di Carpenter sono state fatte su ogni sito, blog e magazine che si rispetti e ormai sono condivise, oltre che sguaiatamente gridate da ogni frame del film) fedele alla promessa fatta all’amico in punto di morte, David estirpa il problema alla radice togliendo di mezzo i nemici della famiglia con l’efficienza di un aspirapolvere. E proprio in stile Terminator è pure la genesi del personaggio di David, parte di un progetto mirato a creare il soldato perfetto, che porta il nostro anti-eroe a perseguire i suoi obbiettivi con ferrea decisione. Proprio unstoppable. Tipo che se qualcuno si mette sul suo percorso non c’è alcuna cattiveria nel suo liberarsene. Deve. Punto e basta.

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Un modo come un altro di portare a termine una missione

Fine delle trasmissioni – il suo cervello è programmato per portare a termine la missione, anche se forse davvero gli piacciono le persone che gli stanno attorno. Magari anche tanto. Solo che, non appena queste si frappongono tra lui e il suo obbiettivo, David diventa una macchina termina-persone. E che macchina: splendida la sequenza tra le lenzuola appese a stendere che svolazzano in cui David lascia cadere il cesto della biancheria – ovviamente stava aiutando la signora Peterson a stendere e trovo che tutte queste enormi contraddizioni (perché poi la signora Peterson non esita ad accoltellarla non appena diviene un ostacolo) del personaggio sono estremamente divertenti -, estrae la pistola e combatte contro la squadra d’assalto governativa che lo vuole eliminare. L’intera sequenza è una cineperla: il ralenti che apre la sequenza è di un kitsch tale da essere di alta classe, così come la scena in cui David, per sfuggire alla tempesta di proiettili che gli vengono sparati da una decina di fucili tipo commando, si butta, sfondando il vetro, nella camera di Caleb e atterra sul letto, pienamente in linea con quello che fanno gli stunt o gli attori quando girano scene in cui si lanciano fuori dalle finestre, cioè atterrano su materassi. E, scusate, magari questo film mi ha spinta alla paranoia, ma secondo me non è un caso il fatto che venga ripresa anche una sorta di meta-estetica: Wingard mi pare abbastanza tamarro (tamarro bene, eh) da giocare con tutti questi dettagli – e molti altri che mi sono sicuramente persa. Comunque, a parte questi gingillamenti da cinemaniaci, questa sequenza è il Bene assoluto ed è un piacere a guardarsi, soprattutto per notare la ristrettissima gamma di espressioni di David – leggermente scazzato perché gli stanno sparando addosso/deve eliminare una vittima che non aveva messo in conto vs. sorrisino asimmetrico perché si è liberato di qualche nemico – in relazione all’apocalisse di proiettili che gli si scatena attorno.

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Un sobrio allestimento da ballo scolastico

Da qui in poi parte un finale che è come una maratona in salita, nel senso che, da quando David entra nella scuola di Luke dove stanno allestendo la sala per la festa di Halloween, il livello delle sequenze finali è in crescita rapidissima e ci regala azione, horror, kitsch, una fotografia che è una bomba anni Ottanta di lucine dalle tinte pastello-caramellose e una colonna sonora tutta concentrata a raffica grazie all’espediente del cd (David mette nel lettore il cd che Anna aveva fatto per lui – anche qui, quant’e` anni Ottanta il “vorrei che fossi il mio ragazzo” mix?).

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La discoteca labirinto visuosonoramente molto più soddisfacente della versione Subsonica-Bluvertigo

Wingard gioca e gioca con le citazioni dai teen movie, dall’horror, da se stesso (su un muro appare la scritta “you’re next”, già citato nel piazzare un pirla a caso con una delle maschere di You’re next sulla testa nella sequenza della festa), costruendo un labirinto horror filmico – oltre a quello vero e proprio – che rimanda all’estetica del cinema di genere proprio come una casa degli specchi continua a rimandare immagini più o meno veritiere di quello che c’è dentro. E, se da un lato tutti questi elementi li abbiamo in qualche modo già visti, dall’altro non li abbiamo mai visti in questo modo bizzarro, ironico e iperestetizzato. Che funziona benissimo. Questo film è la prova che si può essere dei cinetossici e cineintellettuali prendendo sul serio il cinema ma un po’ meno sè stessi e creando qualcosa che colpisce dritto dove deve tutti gli amanti del cinema di genere e del cinema in generale utilizzando tutta una serie di furberie che fanno leva sui topoi a noi cari, ma anche manomettendoli un pochino fino a crearne una versione 2.0 impossibile da non adorare. David che in punto di morte dice a Luke (che l’ha accoltellato per salvare la sorella) che ha fatto la cosa giusta e gli fa pollice insù e crolla su una finta lapide con tanto di RIP è spettacolare e unisce la spietatezza omicida da macchina da guerra del cattivo a una sua nascosta bontà – pure un po’ cazzara – che abbiamo sempre sospettato ma che è più forma che sostanza (altro che il finale trashissimo di Scream4 che non aveva nessun senso), rivisitando completamente l’idea alla base di Terminator e creandone una sua copia sostanzialmente schizofrenica. E, come ultimo tocco di classe, anche qui, come nella maggior parte dei film horror con cui siamo cresciuti, il cattivo muore solo per finta, uscendo in tuta ignifuga dalla scuola in fiamme e rivolgendo lo sguardo verso una esterrefatta Anna che incanala un po’ il pensiero dello spettatore con un – sempre sguaiatissimo – “what the fuck?”.

8 pensieri su “The Guest

  1. Come al solito recensione spettacolare ma sai già che io non ho avuto lo stesso entusiasmo 🙂
    Probabilmente tanti passaggi che a te hanno esaltato a me hanno fatto ripensare a lui, fermo in quella stanza che guarda fuori dalla finestra.
    E quell’immagine mi aveva portato mille idee, non la tamarrata action citazionista.
    Se l’avessi saputo prima probabilmente l’avrei amato

    • Sicuramente! Per The Guest aiuta molto essere preparati su Wingard e sugli intenti. Io quando ho visto lo spaventapasseri-zucca con il medio alzato e i titoli tipo Esorcista ho avuto la conferma che ci sarebbe stata la stessa ironia di You’re next. The Guest è un film divertente, prima di tutto il resto.
      Grazie per essere passato di qui

  2. Visto e piaciuto.
    Il finale con lui sulla finta bara è da applausi!
    (adesso dovresti anche riuscire a commentare da me, se vuoi…) 😉

    • Fantastico vero? Io me lo sono già rivista, è un antidepressivo per cinefili questo film!
      Domani provo a commentare da te, anche perché qualche visione al tff l’abbiamo condivisa 🙂

  3. Ho letto un po’ velocemente, perché, nonostante fra le mie innumerevoli perversioni rientri anche quella del “vogliosaperecomevaafinire” questa volta mi sono trattenuta, in quanto è nell’elenco delle prossime visioni, che al Torino Film Festival non ero riuscita a farlo rientrare nella mia programmazione.

      • non mancherò. oltretutto adesso ti ho messa pure “comoda” nel mio blogroll, così non devo fare il giro delle settechiese per venirti a cercare! 🙂

        • Grazie! 🙂
          Io ho tentato di commentare il tuo post su Whiplash (molto belli, film e post), ma non riesco, quindi te lo dico da qui!

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