La tragedia dietro l’angolo: Francis Bacon, Oldboy e io

«Ho sempre aspirato a esprimermi nel modo più diretto e più crudo possibile, e forse, se una cosa viene trasmessa direttamente, la gente la trova orripilante. Perché, se dici qualcosa in modo molto diretto a una persona, questa a volte si offende, anche se quello che hai detto è un fatto. Perché la gente tende a essere offesa dai fatti, o da quella che una volta veniva chiamata verità». (Francis Bacon)

 

Sì, oggi il mio umore rasenta vette di sofferenza così alte e appuntite da squarciare non il velo di Maya, ma di certo quel sottile strato di condiscendenza che ancora riuscivo (di rado) a mantenere. Come quando tentavo di tollerare le ingiustizie nel micro, solo perché un caro amico mi diceva di «fare buon viso a cattivo gioco», detto che, tra l’altro, non ho mai sopportato. Oggi, invece, testimone di una slavina di eventi poco confortanti che mi fanno domandare se preferirei, potendo scegliere, appartenere al genere umano o alla famiglia dei lemming, il sottile filo che mi legava alla silenziosa sopportazione del mondo così com’è, si è rotto. Forse perché è ora di dare ascolto a George Bernard Shaw: chi accetta il mondo così com’è, è un idiota. Non è vero che non possiamo farci niente, un cambiamento nella nostra mente, nella nostra anima potrà anche essere solo una tacca su un enorme parete, ma, come insegna Oldboy, prima o poi le tacche si accumulano e arriva il momento di passare all’azione.

In realtà di quest’allegra combriccola fanno parte anche molti altri. Primo tra tutti David Lynch, il quale usa le stesse tinte forti presenti nei quadri di Bacon per dipingere realtà inquietanti e dal fascino ipnotico, cittadine incubo manifesto di una società che dietro alle convenzioni nasconde qualcosa di terribilmente torbido. La tragedia è, insomma, dietro l’angolo, come ha fatto notare Bacon. La sua difficile e tormentata storia personale trova sfogo nella pittura e la svolta si ha nel 1933, quando l’artista realizza Crocifissione, esposto nella Mayor Gallery, a Londra, in occasione della mostra «Art Now». L’opera, di impatto visivo estremo, di una violenza indescrivibile, colpisce Micheal Sadler, collezionista d’arte, il quale gli commissione altre due opere. La violenza di questo quadro sta nella deformazione del corpo, reso magrissimo da un’omissione quasi totale delle forme, dall’incompletezza della testa e del volto, un volto che non ha lineamenti veri e propri, riconoscibile. Potrebbe essere chiunque. Con quest’opera si delinea la poetica artistica di Bacon, il quale richiama la nostra attenzione facendoci presente che in qualunque momento, in qualunque giorno, una tragedia potrebbe accaderci e che potrebbe accadere a chiunque. Il dolore non è appannaggio di un uomo solo, di una sola persona, ma appartiene all’umanità e nessuno è esentato da questa condizione, dalla tragedia che l’esistenza comporta innegabilmente.

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Non si tratta di una crocifissione per come la morale cristiana, radicata nella società, ci farebbe pensare immediatamente: Francis Bacon, non credente, non intride di concetti religiosi quest’opera e, quindi, non la utilizza come una protesta o una sfida nei confronti della Chiesa. A lui non importa il significato religioso della passione, della crocifissione, della resurrezione: Bacon la vede solo e soltanto come una prova di quanto l’umana crudeltà possa spingersi oltre qualunque confine. È il pittore stesso, tramite i suoi scritti, a dircelo: «So che per le persone religiose, per i cristiani la Crocifissione riveste un significato totalmente diverso. Ma per me, non credente, è solo un atto del comportamento umano, un modo di comportarsi nei confronti di un altro». E questo è un concetto che fa pensare, perché raramente ci si sofferma sulla consistenza storica di questo avvenimento, nonostante le crocifissioni siano avvenute in più di un’occasione. L’idea che un essere umano sia capace di fare questo a un altro, è sconcertante, dilaniante, così incredibile e crudele da farci distogliere lo sguardo. Ma è proprio questo ciò che Bacon vuole mostrarci, ciò di cui l’uomo è capace, l’oscurità dentro alla nostra anima, il male di cui ognuno può essere preda perché è un male che esiste per natura, la potenzialità di una tragedia che, a volte, diventa atto. Quello che la sua vita ci dice su Bacon è, invece, quanto questo male possa restare subordinato a una grande sensibilità per l’essere umano e quanto il dolore possa essere uno strumento di cambiamento estremamente potente.