Horror Experience 1

Il cinema non mi fornisce spaventi? Bene, “ghe pensi mi” (trad. : ci penso io!, magari pure strizzando l’occhio). Sì, perché sto ancora aspettando di: a) trovare un film che mi spaventi un po’, che mi faccia fare dei salti e b) aspettando che esca un (cxxxo di) film horror decente in sala. Mi sono resa conto che ci sono innumerevoli episodi della mia vita che sembravano perlomeno l’inizio di un film horror di quelli con i controattributi, quindi ecco una breve (per ora) lista dei momenti potenzialmente più spaventosi, di quelli che poi si sgonfiano come un soufflé riuscito male:

Il pulitore seriale della stazione. Questa è recente. Una decina di giorni fa, quando dire “agosto” era ancora sinonimo di “estate”, anche se comunque questa non è mai stata una vera estate, verso le nove di sera mi sono vestita, pettinata (anche sul retro della testa, quella zona dove mi si forma sempre un groviglio di capelli che sembra un nido di tordi, proprio perché generalmente dimentico l’esistenza della mia retrocalotta cranica), profumata eccetera per andare a prendere qualcuno in stazione. Qualcuno che non vedevo da ben dieci giorni e, perciò, ero emozionata e ansiosa. E questo dettaglio, apparentemente insignificante, è, invece, cruciale: perché questa agitazione mi ha portata a commettere tre gravi errori: primo, arrivare con circa 45 minuti di anticipo in stazione (non da pazza, tipo: voglio arrivare con largo anticipo! Piuttosto da ossessiva: okay, per non arrivare in ritardo mi conviene prendere questo bus qui, così sono sicura di farcela per tempo); secondo, ammazzare la tensione ascoltando Mit Gas del Tomahawk, che è un bordello infernale, ma di classe; terzo, decidere, contro ogni buonsenso, di fare pipì nel bagno della stazione. Insomma, ero arrivata troppo presto, ero emozionata, avevo ancora 20 minuti di attesa, non c’era in giro nessuno e, boh, sto tabù del bagno pubblico me lo devo levare, prima o poi. Ho scritto un messaggio al mio migliore amico, cito direttamente: sto andando a fare pipì nel bagno della stazione, chiamami tra 5 minuti per assicurarti che non mi sia successo niente di orrendo. Ecco, lo spirito giusto per la situazione giusta. Mi avvio con il mio bel vestitino a righe e le ballerine rosse verso le toilettes, con la morte nel cuore, con Rape this day nelle orecchie (ascoltatevela perché altrimenti non si contestualizza bene) e il neon – giuro! – inizia a flickerare. Non so come dire, sfarfalla, ecco. Ottimo. I bagni degli uomini e delle donne si fronteggiano, non c’è la porta, sono tipo due corridoi. Due corridoi di piastrelle bianche con le fughe grigio-nero (ghhhh) e nel corridoio degli uomini c’è Dario Argento con una cerata arancione con strisce catarinfrangenti gialle che, con uno spruzzatore che sembra una cavolo di fiocina (o un fucile a canne mozze, fate voi) lava le pareti di uno dei bagni. “Buonasera!” dico, poi mi giro, rabbrividisco interiormente perché quello (ah, ovviamente non era il vero Dario Argento, anche se ora che lo sto specificando mi sento scema perché credo fosse fuor di dubbio) si è limitato a fissarmi e mi chiudo in uno dei bagni. Intanto Mike Patton emette versi gutturali e penso: quando farò il mio film horror (che è credibile come il “quando smetterò di fumare” di mia zia, che l’ha detto non so quante volte da quando sono in vita e si fuma ancora 2-3 pacchetti al giorno) questa canzone la metto nella colonna sonora, di sicuro. E va beh, sento uno shhhh shhhh, tipo getto d’acqua continuo, tipo doccia. Ci sarà qualcuno che si sta lavando le mani, penso. Qualcuno. Ecco, decido di uscire dal bagno perché voglio capire cosa produce quel rumore che non è proprio il rumore dell’acqua del rubinetto. Apro la porta e: Dario, con lo spruzzatore in mano, che mi fissa. E lava il bagno accanto a quello in cui stavo io. Occhi sbarrati. Palpitazioni. Sudore freddo. Pelle d’oca. “Salve”. Lui mi fissa, ieratico. Pesto la levetta del rubinetto con il piede, caccio le mani sotto al getto d’acqua e fuggo via asciugandole nella gonna nera di sangallo e intanto guardo l’ora: 8 minuti. 8 minuti e quell’imbecille non mi ha telefonato. Potevo essere morta. A quest’ora potevo essere nel bagagliaio dell’auto di Dario. E, come anticipato, invece no. Invece sono qui a raccontare questa stupidissima storia e a sentirmi in colpa per aver giudicato un essere umano totalmente innocuo – credo – solo perché assomigliava a LUI (vedi figura). (Poi il mio amico, dopo 11 minuti, mi ha effettivamente chiamata, non è un degenerato!).

ARGENTO DARIO

2 pensieri su “Horror Experience 1

  1. Il genere horror vive un momento di stagnazione, almeno dal punto di vista cinematografico, non perché scarseggino le pellicole ma per l’incapacità di sviluppare soggetti buoni solo in partenza.
    Tuttavia, le serie Tv horror (american horror story e the walking dead) registrano una piacevole inversione di tendenza.

    Ad ogni modo, la cara vecchia bomboletta spray urticante costituisce sempre un’ottima arma di difesa

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