Home Video: Angst

 

Se volete passare un sabato pomeriggio tranquillo, con una visione rilassante e divertente (alla voce “rilassante e divertente” vedi: un episodio a caso della saga di Nightmare o un qualunque horror anni Ottanta di quelli magari anche belli truculenti ma non troppo intrisi di psicologia, meglio se con dei bei mostri; o, per essere più contemporanei, un bell’Oculus, V/H/S vari, pure un Ti West eccetera – magari l’ultimo non va benissimo per un rilassamento pd -, insomma, roba bella da vedere, che ti fa anche un po’ paura e ti inquieta, ma, santo cielo, niente stile La casa dalle finestre che ridono o Henry pioggia di sangue o Madre o Bedevilled, per intenderci. Niente disagio, ecco) state alla larghissima da Angst (1983), un film che fa un’angst della madonna (paura e inquietudine zampillano da ogni dove, insomma).

Ma, sul fatto che Angst, che racconta in prima persona un crimine commesso da un seria killer – basato sulla storia di Werner Kniesen e che riporta, nella narrazione, dichiarazioni che riprendono quelle del vampiro di Düsseldorf, gente che non stava bene – sia stato ideato solo per fare paura ho i miei seri dubbi. E questo per una serie di ragioni:

  • La regia, che è di una modernità abbacinante: Gerard Kargl è un uomo dalla carriera quasi ignota, di cui non ho visto altro che questo film e che pochi altri ne ha fatti (pochi = 1 secondo imbd e 3 secondo Wikipedia, ma tutti doc o giù di lì, questo è il suo unico lungometraggio) e che pare si sia dedicato all’attività edudocumentaristica dagli anni Ottanta in poi. A me “educativo” evoca “bambini”. Adesso, dopo aver visto Angst, penso a immaginari documentari progresso volti all’educazioni delle giovani menti austriache e mi chiedo: è forse il making of di tanti piccoli Benny? Comunque. Questo tizio con la macchina da presa ci sa fare come John Zorn con le ferragliosità e il paragone mi sorge spontaneo perché mi pare che entrambi facciano la stessa cosa. Qualcosa di completamente nuovo, sorprendente e ipnotico. E che mi piace un casino.Un momento particolarmente stiloso è la prima colazione che quest’uomo consuma appena uscito dalla detenzione: un wurstel enrome e dall’aspetto malsanissimo con la senape (va beh, Germania, gusti loro). Comunque: l’inquadratura ravvicinata sulla sua bocca, il modo in cui lo mastica, la forza con cui i denti strappano la carne sono identici ai titoli di Dexter (una serie bellissima, con un protagonista, meno male, che sarà anche un serial killer, ma di tutt’altro genere. Cioè, io la voce narrante di Erwin Leder per otto stagioni non me la sarei mai subita, tanto meno il suo personaggio).
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    terzo riquadro terza riga! comunque in video e` meglio!

    Ecco, la regia non è da film di paura e stop. Ci sono tanti altri modi per spaventare, tipo le panoramiche a schiaffo, le angolature bizzarre e stranianti (che qui ci sono, eh, per carità), fammi un campo-controcampo agghiacciante o anche un bel campo lungo come quelli in Shining che mi hanno atterrita. Ma no, qui Kargl, non so perché, prende il kammerspiel, l’horror, dice no alla steadycam e abbraccia la body cam (che ci regala sequenze spaventosamente coinvolgenti come quella della corsa, poco dopo l’inizio del film), il decadrage e la fotografia fredda e slavata (grazie a Rybczyński) che rende ancora più lugubre l’ambientazione nella casa in cui il protagonista tiene ostaggio, tortura e stermina una famiglia, soprattutto in sequenze come quella dell’omicidio della figlia, che ho trovato fortissima, estrema e veramente al limite della sopportazione – il mio stomaco ha retto veramente tanta roba, ma qui il realismo e, se volete, l’ebefrenicità del personaggio, sono veramente difficili da gestire. Qui dilaga il disagio, l’orrore quello della mente che, paradossalmente, buca lo schermo tanto più ci viene mostrato anche quello fisico – mentre negli horror anni Ottanta o negli slasher alla Maniac possono far schizzare anche sangue da tutte le parti che non è lo stesso ma neanche da lontano. Qui sembra di guardare un documentario, con la voce narrante di un sadico nel senso clinico del termine e ha tutto un aspetto così realistico che ogni tanto ti verrebbe voglia di interrompere tutto e arrabbiarti come nei documentari in cui il cucciolo di animale pelosino di turno viene usato come merenda dal predatore di turno e pensi “eddai cameramen, intervieni”. Ecco, qui l’effetto è lo stesso, ma senza la consolazione dell’ “è la natura, il cerchio della vita, ecc ecc”. No, qui sai che stai vedendo il Male. E stop. Il Male nella testa di uno che fa un sacco di Male a della gente innocente, che non se lo aspetta, che si meriterebbe solo di stare in santa pace in casa sua. E, alla fine del film, stai Male pure tu e resti immobile un pochino e ti viene voglia di guardare sotto il letto e dietro la porta e preghi di dimenticarti che questa è una storia vera. E, l’unica cosa che aiuta un po’ a distaccarsi da questa sensazione di realtà inaccettabile, è:

  • La colonna sonora di Klaus Schulze, ex membro dei Tangerine Dream (che hanno fatto, tipo, quella di Near Dark, un bell’horror con tanto sentimento, della Kathy, che già prima di essere la ex di quello là gli faceva merenda in testa, da quanto era/è più brava). Eccheaccipicchia, direte voi. E pure io.
  • Il fatto che sia un vero horror – un altro punto a favore di un genere che puo` dirci un sacco di cose importanti  e in modo per nulla banale – con un impronta autoriale talmente forte che mi ha fatto subito pensare a Henry pioggia di sangue (il fatto, che scopro adesso con orrore, che Wikipedia riporta che Gaspar Noè ha avuto la stessa sensazione mia, santo cielo, mi spaventa ammorte), anche se le modalità narrative sono diverse, perché lì era anche e soprattutto un drammone sociale misto a biopic misto a “ti porto per mano in fondo all’abisso più terribile che ci sia” – la cui bruttezza risiede sì in tutto il film, ma sicuramente è riassunta, condensata e potenziata negli ultimi venti secondi -, mentre qui sguazziamo proprio in mezzo al disagio – anzi, più che sguazzare annaspiamo, perchévi assicuro che quasi si fatica a respirare – in prima persona: questo personaggio, che sono indecisa se definire solo “pazzo criminale” o “poveraccio”, esce dal manicomio dopo dieci anni e, tempo zero, si introduce in una casa dove compie una mattanza sulla famiglia. E ce lo racconta, ci spiega come mai e come si sentiva e noi, nel frattempo, vediamo tutto quello che fa e con orrore non possiamo che constatare due verità fondamentali che si scontrano proprio come le due definizioni – per nulla cliniche – di cui sopra: a) questo fa una serie di cose orribili (violenza su una signora di una certa età, sul suo figlio paralizzato e ritardato, violenza sessuale sulla figlia, con morte atroce finale di tutti e tre) per cui siamo disgustati, terrorizzati e inquietati e b) ci rendiamo conto, mentre lui ci racconta e ci parla, che questo ragazzo non sta per niente bene, che ha un casino allucinante in testa, che non è mosso solo dalla crudeltà – cosa che ci farebbe sentire meglio, così possiamo dire “ma che bastardo” e stop, come, alla fine, possiamo fare con Henry, che con tutto il disagio che si portava dietro e l’infanzia orribile eccetera eccetera, era lucidissimo -, quanto da una patologia più forte dell’istinto di conservazione, da lui ignorato sia quando si beve il sangue della giovane vittima – che è una cosa che non fa bene, vedere la faccia del “vampiro di Sacramento” [ma anche no, che era davvero brutto] per credere -, sia quando fugge dalla casa con i tre cadaveri nel bagliaio, fa un incidente, torna nella tavola calda dove già aveva avuto comportamente bizzarri e si fa notare sia per i modi non proprio da persona equilibrata, sia perché si è messo un accidenti di frac bianco che non c’azzecca niente. Una patologia che fa paura, perché ci rendiamo conto che lui è inarrestabile: nemmeno la paura di essere catturato lo fa smettere. E allora abbiamo ancora più paura, di uno che è talmente squilibrato da non avere paura, appunto.
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uno che non sta per niente bene e che “istinto di conservazione’ non sa cosa significhi

Anche se ho parlato solo della paura, ripeto: questo film inquieta, spaventa, terrorizza, ma non a livello di intrattenimento che alcuni horror (il Signore li benedica) sono in grado di fornire. E nascono proprio per quel motivo, per intrattenere, strizzare l’occhio allo spettatore cineorrofilo cui piace che il regista bravo e magari pure un po’ menoso cerchi il suo consenso (pensate al buon Rob Zombie, che sprizza bisogno di approvazione e amore da tutti i pori già dal video di Living Dead Girl). Qui, invece, l’intento di raccontare una storia orribile, facendola passare attraverso la voce dell’assassino, che viene umanizzato nel suo essere incontrollabile e allo stesso tempo mostrificato – lo so! – nel suo nutrirsi del terrore altrui, mi fa molto più l’effetto di Lo strangolatore di Boston e ho la sensazione che il regista volesse parlarci del disagio senza essere didascalico e fastidioso e che volesse sperimentare un tipo di regia per cui far fare al protagonista non solo la voce narrante, ma pure il corpo narrante, senza ricorrere alla soggettiva. A me questo film è rimasto e non posso fare a meno di dire che sia un gran film, uno di quelli che restano lì, indelebili, aggrappati alle pareti dello stomaco e ti fanno sentire male solo a pensarci. Uno di quei film, di certo, che non sentirò mai il bisogno di rivedere.

6 pensieri su “Home Video: Angst

  1. Le tue recensioni sono sempre talmente viscerali che ogni volta mi sento in colpa per non aver visto il film. Così di solito ti leggo di notte, per passare inosservata 🙂 Oggi sono un po’ disorientata, ti sei mantenuta funambolica, sicuramente è una percezione mia. Non conosco né il film, né il regista…poi lo leghi a John Zorn che considero un generoso creativo con una grande capacità musicale di mescolare e farti andare oltre. Così mi chiedo se anche questo regista va oltre o come dice alla fine “non sentirò mai il bisogno di rivederlo”. Mi rendo conto che funziono meglio di notte:)

    • Guarda, questo film mi ha fatto un effetto molto particolare, perché è sicuramente un gran film, fatto benissimo e speciale, ma mi ha shockata e un po’ stravolta, se ti capita di vederlo sono certa che capirai immediatamente a cosa mi riferisco. Alla fine certi momenti sono talmente crudi, mentre altri sono iper sofisticati e risulta molto straniante! Ho ancora gli incubi. Davvero non sento il bisogno di rivederlo, per ora!

    • No, sono andata a vedere quello che hai scritto sul tuo blog e sembra interessante, tra l’altro Damien Lewis è un bravissimo attore, quindi sono curiosa! Grazie per i sempre interessanti suggerimenti!

    • Guardalo quando ti senti di guardarlo, è davvero molto molto forte. Ma un gran film. Solo che c’è un gelo che ti segue poi che non ti dico. Mi sto ancora “angstando” sotto!

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