FrightFest 2015

Tornare a scrivere se queste pagine virtuali è un po’ come tornare in sala dopo aver passato svariate visioni rannicchiata nel letto o sul divano. Che ci sta. Chi legge questo blog sa quanto mi piacciano gli home video e se non ci fossero il pc o la tv, non potrei disporre della visione di Suspiria e di Harold e Maude ogni volta che mi va. Ma quando entro in sala è tutto diverso: il buio diventa la mia coperta, la poltrona il nido che mi protegge dalla realtà che mi sono lasciata dietro all’ingresso e vedere lo schermo che si accende e si espande fino agli angoli della sala mentre parte la musica è una delle maglie più grandi che la vita possa concedere per il modico prezzo di 5 euro . O, se sei al Frighfest, un pochino di più. Ma ne è valsa la pena.
Credo che non ci sia nessun posto al mondo che mi si addica più di Londra: qualunque sia la tua passione, la tua follia, la tua fissazione, lì trovi il tuo posto, il tuo spazio, il tuo giro. E se tra le tue passioni c’è il cinema horror, il Frighfest sono come le braccia della mamma dopo che ti sei sbucciato le ginocchia. E, come in ogni grande avventura, ci ho trovato dei tesori e degli orrori – ma anche le delusioni erano agrodolci, perché eri deluso assieme a una folla di adulti bambineschi, metallari coccolosi, horrorentusiasti e alla fine anche il film brutto valeva la visione, per spirito di condivisione e tutte quelle storie lì da siamo-qui-perché-è-la-nostra-passione-e-si-respira-un’aria-così-pura (anche perché i Frightfester ci tengono un casino all’igiene personale e tutto profumava un sacco). Ecco perle e bombe e mandorle amare del mio FF2015 – in ordine cronologico (mio):

Giorno I

lacosamiglioredicherrytree

Sicuramente la cosa migliore di Cherry Tree che vedrete

1. Film di apertura Cherry Tree, di David Keating, che pare una versione hipster e un po’ più distratta di Tim Burton (ma solo fisicamente): mandorla amara di quelle che quando ti accorgi che fa schifo è ormai troppo tardi. Diciamo che sembrava ok, ma invece no. Il problema è, permettetemi l’inglesismo “twofold”. Primo, il primo film del regista, Wake wood, era un’opera immatura e impetuosa, ma profondamente interessante, dove la dimensione mistica te la piazzavano lì e dovevi accettarla punto e basta (un po’ come in Kill List, che non hai niente da ridire) e i buchi di sceneggiatura e le cadute nel trash (non pochissime purtroppo) erano sbavature accettabili che speravo sarebbero svanite con Cherry Tree. E invece no. Anche qui bella la dimensione magica che c’è e te la devi tenere – e ci sta, soprattutto perché la formula teen drama nell’horror funziona sempre -, ma poi i buchi di sceneggiatura diventano fosse delle Marianne e, incontrato uno, non ne usciamo più. Perché per tenere in piedi una scelta narrativa azzardata ne viene utilizzata una ancora più azzardata. Altro problema: a me piace il gore, però basta. A una certa, basta. Stop ai fili di materiale plasmatico o qualunque cosa sia, non serve. Mi piace anche lo sciroppo d’agave, ma non è che lo metto anche nel risotto. E poi: il Male, che inzialmente è subdolo e seducente e, per questo, minaccioso, perché il suo potere sta proprio nella sottile crudeltà che, in quanto sottile, può infilarsi dappertutto, diventa cartoonesco ai limiti dell’impossibile. Tolti i 10 secondi finali, un bel po’ cazzari ma che potevano essere divertenti, la SPOILER!!!!!!!!!!!!!!!!!! trasformazione finale è ridicola ben oltre i limiti posti da quella di Inferno (la strega terrificante che diventa una specie di scheletro gommoso che mi ricorda un sacco il mio costume da scheletro per un’esibizione di pattinaggio, con le ossa dipinte su una tuta nera con la vernice fluo, dai).

Turbo-Kid-Thumb

2. Segue l’attesissimo Turbo Kid (Simard, Whissell, Whissell), attesissimo perché guardatevi il trailer https://www.youtube.com/watch?v=nh23-rQUi5U e tutte le mie aspettative vengono ripagate. Emotivamente è – ai miei occhi – un misto tra Goonies, Jem, Karate Kid che interagiscono all’interno di un mondo a là Nintendo. Il contesto è post-apocalittico, siamo nel 1997, tutti i residui della civiltà risalgono agli anni’80 e allora ecco che parte un’orgia visiva di mangianastri (che alcuni di noi si sono trascinati fino agli anni duemila), abbigliamento con inserti fluo ben lontano dal fluo che va di moda ora (e che è comunque orrendo), cattivi cattivissimi e buoni buonissimi, tutti magnificamente coordinati dalla colonna sonora dei Le Matos https://lematos.bandcamp.com/ che chi accipicchia li conosceva. Ci sono anche palesi echi di Fury Road, ma in versione coccolona e plasticosa, tutto è rivestito da un kitsch bello e onesto, mai calcolato, ma apprezzabilissimo e adattissimo come può essere solo l’estetica di qualcuno che decide di creare un oggetto-tributo a un’epoca perché la ama sinceramente. E, infatti, ogni testa mozzata, ogni getto di sangue, ogni gag, ogni salto sulla BMX, ciuffo rosa, arma unicornata eccetera, ognuno di questi dettagli bizzarri, eccentrici, smaltati e sguaiati è un atto d’amore verso gli anni Ottanta. E io, da buona made in 80s, non posso che approvare. Ho riso, ho pianto, ho stretto la mano del mio fidanzato tutta commossa, ho tifato per i buoni, ho ammirato con terrore la crudeltà stigmatizzata dei cattivi e mi sono divertita. Turbo Kid è un tuffo nei ricordi e negli anni Ottanta non solo estetico: si respira lo spirito punk di quel periodo senza che vi siano riferimenti eccessivi, eppure si sente tutta la logica punk che c’è dietro a questo film. L’estetica videogiocosa è un meraviglioso modo di impacchettare una storia scritta con il cuore di un ragazzino e pensata con la testa di un nostalgico. Bellissimo <3

stung4
3. Stung: comedy horror carino ma non troppo, molto americano. Ho visto l’inizio, la parte centrale, la fine e per il resto ho dormito, un po’ perché, una sviscerata l’idea originale (vespe giganti che pungono animali/persone che diventano vespe grosse quanto erano grossi nella loro forma originaria), era sempre la solita storia e un po’ perché avevo sonno (il film iniziava alle 23.30!) e stop. Carina la rom-com in sottofondo e gli effetti speciali erano speciali, davvero. Niente di imperdibile.

Alla fine della prima giornata (che era solo una serata), sono gia` tutta presa dall’atmosfera del frightfest, che e` di una serenita` e una pace dell’anima che si fa fatica a immaginare. Dormo le necessarie 4 ore e sono pronta per il secondo giorno – come una bambina che sta per andare sulle montagne russe al buio di Disneyland Paris (cioe` tipo come sono adesso, che sto ancora aspettando che mi ci portino).

(continua!)