Di cosa devi aver paura se vivi in un film di de Palma?

Perché me ne sto qui a scribacchiare senza sapere esattamente di cosa sto scribacchiando? Evidentemente c’è qualcosa che mi preoccupa. Ma cosa? Non lo so, non ne ho idea. Insomma, le preoccupazioni che può avere una persona (wesandersonianamente) normale sono relative e si limitano, generalmente, alla salute, al lavoro, alla vita privata. Queste cose qui. Ma, invece, di cosa si deve preoccupare un personaggio di un film di Brian de Palma – ma vi rendete conto della ridicolezza dell’idea con cui questo post nasce? Siamo a livelli di squilibrio mentale gravissimi, TSO! – (ovviamente ho appena rivisto due dei suoi film più iconici e bramo di rivedere tutta la filmografia e, quindi, sono un po’ depalmizzata in questo periodo)? Vediamolo assieme (e vediamo se riesco a scoprire cosa preoccupa me)!

  1. Che il proprio psichiatria sia un feroce serial killer con turbe di personalità e che ti uccida in outfit da femmina brandendo un rasoio come se fosse una mazza da hockey perché ti considera una mignons.
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Notare la finezza: tre bionde in un solo frame, anzi 5 e mezza, se si contano i riflessi nello specchio.Qui Brian fa il de Palma all’ennesima potenza: si gingilla con l’immagine

Evidentemente questa non è una preoccupazione che può affliggermi, passiamo oltre. Ma, hei, attenzione agli psichiatri che assomigliano a Micheal Cane, non si sa mai.

  1. Di assistere a un insabbiamento politico di una morte non calcolata, essere vittima di inseguimenti e tentativi di omicidio, trovare finalmente l’amore e perderlo dopo venti minuti, ma di trovare l’urlo perfetto.
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L’America ne esce sempre benissimo dai film di de Palma – ci avete fatto caso?

Anche qui, niente. Però, caspita se i personaggi di Brian hanno una vita movimentata, accidenti.

  1. Di essere un killer su commissione e di dover uccidere una certa ragazza, ma di essere costretto a uccidere altre ragazze simili fingendo di essere un serial killer per insabbiare l’omicidio che realmente vogliono venga commesso, ma, nel mentre che si cerca di creare un pattern, farsi scappare la ragazza da sotto il naso. E di avere una testa bizzarramente oblunga.
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Oblunga a dir poco

No, neanche questa rientra tra le mie preoccupazioni.

  1. Di vedersi sottrarre talento, amore, fama, libertà, denti, faccia, voce, anima e vita da un viscido frangettone.
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La faccia di uno che evidentemente non e` assolutamente felice. Se vogliamo citare il buon Marcellus Wallace “mai stato cosi` lontano dallo stare bene”

Oddio, spero proprio di no.

  1. Di essere colpita alla schiena e morire di fronte a una statua che mi dice che il mondo è mio.
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il caro tony montagna, che ancora ci crede – con delle sopracciglia cosi` ovviamente vai sull’ottimistico di default, hai il cipiglio da figo self confident geneticamente implementato, che fregatura

Anche qui, a meno di non emigrare da un paese esotico verso una meta non esotica e mettere in piedi un narcoimpero credo di potermela risparmiare, questa preoccupazione.

  1. Di trovarmi alla Union Station.
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Una normale coda per la biglietteria

Un oceano ci separa. Ma, in caso di viaggi, io questa me la segno. Che la faccia di Ness la diceva lunga.

  1. Che mi rubino un reggiseno di diamanti non mio.
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– Posso provarlo? Poi te lo restituisco! – Non vedo perche` no! Mio Dio, non per restare in tema, ma la povera top model non era proprio il cristallo piu` brillante del lampadario

Maddai.

  1. Che la tua mentore e collega diventi la tua migliora amica, ti renda la vita un inferno, finga di essere uccisa da te e poi riappaia in cerca di vendetta, anche se non si capisce se è lei o non è lei o che roba sia.
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Della serie: non si capisce chi sia chi o cosa e perche` faccia quello che fa o non fa. Vedetevi sto film che e` uno dei meglio tributi a se` stesso e a Hitchcock di cui de Palma sia stato capace

Non ho una collega-mentore. Ho un paio di colleghe, ma non assomigliano niente a Rachel McAdams, quindi sono salva.

Sapete una cosa? A volte vorrei che le cose di cui preoccuparsi e avere paura fossero chiare e semplici, come un John Litghow dallo sguardo spiritato salta fuori da un angolo e si avvicina brandendo un qualcosa.

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Ciao Miri, ti ho portato un regalo di Natale 🙂

Oddio, no, aspettate. Sapete cosa? Qualunque fosse la mia preoccupazione, ora mi sento già un pochino meglio. Grazie, Brian.

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