Yves Sain Laurent

Yves Sain Laurent. Un marchio, un’icona e, soprattutto, un essere umano dalla straordinaria complessità. Il film di Jalil Lespert recupera la persona dietro al mito, mettendo in risalto luci e ombre di uno degli stilisti più rivoluzionari del Ventesimo secolo. Il film racconta con accuratezza e rispetto, più che celebrare agiograficamente, Yves Sain Laurent in quanto artista, amante, timido, spregiudicato, fragile, coraggioso personaggio che ha saputo stravolgere e rivoluzionare il mondo della moda.

La fotografia (Thomas Hardmeier) segue l’estetica delle riviste patinate degli anni Sessanta e Settanta, immergendo lo spettatore nell’atmosfera ricercata e raffinata di quegli anni. La ricostruzione così vitale degli ambienti si deve anche al compagno di vita di YSL, Pierre Bergé, alla cui generosità si deve il prestito degli abiti originali per alcune scene del film. Le sequenze delle sfilate rievocano tutta l’esclusività di un mondo che ai più non è concesso conoscere direttamente e portano alla luce una realtà dalla natura multiforme, dove, spesso, l’eleganza e la classe lasciano il posto a un isolazionismo che nasce dalla ricerca di una perfezione che non esiste se non nella mente di chi la insegue. E proprio la Mente è l’elemento di maggiore importanza in questo film, in cui il disturbo bipolare di cui YSL soffriva viene messo in scena con intelligenza. Non si tratta, infatti, solo del modo in cui la narrazione ci conduce tra le fasi di mania e quelle depressive che rendevano lo stilista a tratti timido e a tratti provocatorio e aggressivo, ma anche la luce colora a tinte differenti l’euforia sperimentata con lo stile di vita bohémién, l’abuso di alcolici e di droghe e le ferite interiori ed emozionali inferte a sé stesso e alle persone che amava e da cui era amato, soprattutto Victoire (sua modella e poi socia in affari) e Pierre Bergé (Guillume Gallienne). Le scene nel sex club, ad esempio, in cui lo stilista (interpretato con grazia e con una rara attenzione per i dettagli da Pierre Niney) caratterizzate da tinte forti e primarie (soprattutto il rosso) assumono tutta un’altra estetica visiva rispetto a quelle di vita quotidiana e a quelle nel mondo della moda, dove sono le tinte pastello dotate di un’opacità quasi eterea a dominare.

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Una scena iconica (e che mi ha particolarmente colpita) è quella in cui, sul trampolino della piscina di una residenza estiva, Bergé e YSL si scambiano uno sguardo significativo e, poi, il giovane stilista si tuffa in piscina: non solo lo scenario richiama lo Splash di David Hockney, ma il gioco di sguardi e il silenzio innaturale ci fanno capire che, tra i due uomini, tutto è cambiato.

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Con questo film quello che ci viene restituito non è più solo il grande talento di Yves Sain Laurent, ma anche la sua essenza, immortalata, ogni volta che Pierre Niney si rimetteva a posto gli occhiali con quel modo di fare così nervoso e tenero, in un gesto.